Da Bergamo al Centro Astalli di Palermo, nel limbo dei richiedenti asilo. Il diario di Marta, una giovane infermiera volontaria

Marta, infermiera e nostra collaboratrice, ha compiuto un’intensa esperienza di lavoro nel Centro Astalli di Palermo, gestito dai gesuiti. Lo racconta in alcune pagine di diario: le pubblichiamo a partire da oggi, la Giornata della memoria e dell’accoglienza, data simbolica per commemorare le vittime del naufragio del 2013 e per ricordare tutti i rifugiati e migranti che continuano a morire nel Mar Mediterraneo e ai confini dell’Europa nel tentativo disperato di trovare salvezza e protezione.

La mia esperienza al Centro Astalli di Palermo, parte 1: il corridoio.
Dopo aver letto “Io sono con te. Storia di Brigitte” di Melania Mazzucco ho aggiunto un desiderio alla già lunga lista di cose che vorrei fare da grande: lavorare al Centro Astalli.
Caso o provvidenza, coincidenze fortuite o incontri fortunati, lo scorso 3 settembre, dopo un volo tranquillo durante il quale, dal mio posto vicino al finestrino, ho potuto ammirare dall’alto la bellezza dell’Italia, sono atterrata all’aeroporto Falcone-Borsellino, con destinazione Piazza Santissimi Quaranta Martiri al Casalotto, sede del Centro Astalli di Palermo.
Ad accogliermi un cartello trilingue, italiano, ebraico ed arabo, con il nome della piazza, un imponente portone di legno di quello che un altro cartello nomina come Palazzo Marchesi e, infine, un terzo cartello, quello che mi ha spinto a partire e che mi strappa un sorriso, quello che riconosco dalle pagine di Mazzucco, “una targa bianca, discreta, poco vistosa. Lei legge solo la prima riga, in caratteri blu: CENTRO ASTALLI”.

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