Domenica 9 febbraio

“Voi siete…” sono le parole che fanno da corona al Vangelo di questa V Domenica del tempo ordinario. Nel quinto capitolo del Vangelo di Matteo Gesù pronuncia per ben due volte queste parole a poca distanza le une dalle altre. Esse risuonano come una constatazione antropologica che pone l’uomo davanti ad una realtà che Dio gli mostra. L’uomo è “sale” e “luce”. Questo è l’uomo così come lo ha creato e pensato Dio, tuttavia questa condizione esistenziale che l’uomo ha dentro di se può andare perduta e può risultare addirittura perniciosa per la sua esistenza e per quella del prossimo.

Sale e luce sono realtà costituite per rendere testimonianza, entrambe mostrano come il cristianesimo sia una condizione esistenziale da comunicare, da diffondere, esattamente come un profumo. Nessuno usa un profumo con l’unico scopo di piacere a se stesso ma si sceglie una fragranza anche per piacere agli altri, per entrare in relazione con gli altri.

Il soave profumo dell’infinita carità del Cristo risponde a queste stesse caratteristiche. Cristo viene scelto e incontrato personalmente da ciascuna anima attraverso un cammino e un incontro del tutto personale, tuttavia questo incontro è fatto per essere comunicato, per essere profuso e condiviso. Il sale e la luce non vanno ricercati e neanche si deve fare qualcosa per averli, entrambe queste due realtà sono già presenti nella vita del cristiano, vanno solamente riscoperte e custodite. Secondo l’odierno insegnamento evangelico il sale e la luce sono la dotazione ontologica di ogni cristiano battezzato. Ogni cristiano porta dentro il suo cuore il sale che rende il sapore vero alle cose e la luce che illumina il proprio cammino e quello dei fratelli, queste due realtà possono perdere il loro valore solo attraverso l’esperienza del peccato, ovvero con la libera scelta di rinunciare ad essere ciò che siamo. Nella seconda lettura Paolo ci riassume il cuore dell’evangelizzazione, ovvero l’annuncio di Cristo Crocifisso: “Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso”. Questo modello di annuncio ci fa capire l’importanza del sale e della luce. Gli antichi sapevano bene che il sale sulle piaghe provocava grande dolore, ma sapevano anche che questo dolore aveva poi il potere di disinfettare e di guarire le piaghe stesse.

L’uomo guarisce solo quando incontra il crocifisso, questo incontro spesso avviene attraverso la via dolorosa della conversione e ci dischiude l’orizzonte luminoso della Risurrezione.

L’esperienza dell’incontro con le piaghe di Cristo che rivivono nella nostra storia personale, fatta di contraddizioni e fragilità, ci da la possibilità di rivedere e di contemplare in modo del tutto nuovo il nostro cammino personale, come afferma il salmo 36: “Alla tua luce Signore vediamo la luce”. La mistica medioevale e il successivo sviluppo della devozione al Sacro Cuore di Gesù hanno individuato proprio nelle piaghe di Cristo la fonte della luce che illumina gli uomini. Anche la più recente devozione alla Divina Misericordia ci offre questo sguardo, nella celebre immagine voluta da Santa Faustina Kowalska si nota come dalla ferita del costato esce la luce della salvezza e della giustificazione. Il sale e la luce allora sono doni specialissimi del crocifisso, partecipati ad ogni cristiano nel battesimo e bisognosi di essere confermati ogni giorno con una vita autenticamente rivolta al Vangelo.