Domenica 26 giugno

1Re 19,16.19-21; Gal 5,1.13-18; Lc 9,51-62

Luca disegna il volto del Signore, ogni frase è una pennellata, fino al pianto su Gerusalemme quando si mostra totalmente come volto di misericordia del Padre, culminando sulla croce dove dà “theoria”, spettacolo. Dio si fa vedere così com’è. Anche il cammino di Gesù verso Gerusalemme è un dipinto del suo volto. Per andare a Gerusalemme gli ebrei evitavano la Samaria, considerata luogo dell’infedeltà; Gesù ci passa attraverso.

Che cosa va a fare Gesù a Gerusalemme? A mostrare il volto oltraggiato, disprezzato e ucciso, il volto di colui che porta su di sé il male del mondo, il volto di uno che si mette nelle mani di tutti. Dio più che avere in mano tutti, si mette lui stesso nelle mani di tutti, si consegna, ha fiducia e ama. Per questo la credibilità di Dio è affidata alla testimonianza dei cristiani. Se facciamo vedere un Dio che è amore, misericordia e tenerezza, che ama tutti ed esclude nessuno, allora la gente può crederci.

La sequela vince le resistenze a condizione che sia mossa dall’amore che crea un interesse superiore ad ogni altra ricchezza. Sequela è scelta di povertà libera, per non sacrificare la vita alle cose, identificandoci con queste per poi lasciarle, alla morte, a chi litigherà per possederle. Figli che litigano per l’eredità è storia infinita. La libertà è passare dall’essere persone del bisogno a persone che hanno desideri, soprattutto di relazione, di dono reciproco.

Non c’è nulla di male a seppellire il padre. Il male sta nel vivere la vita aspettando che il padre muoia. Relazioni di questo tipo non funzionano, sono una schiavitù reciproca. L’altro non è cosa assoluta. L’unico “assoluto” (che non lega e non è legato) è Dio. Il comandamento è: amerai Dio con tutto il cuore e l’altro come te stesso, come “relativo”, non come “assoluto”. Quante relazioni di coppia, di amicizia, sono possesso e schiavitù reciproca, invece che amore scambievole.