Coronavirus Covid-19: Fnomceo, in diversi pazienti guariti “sindrome post Covid” con stanchezza, respiro corto, dolori articolari “L’esperienza suggerisce che un numero considerevole di pazienti sviluppa una sindrome post-virale che può debilitarli sotto molti aspetti per settimane e settimane dopo la cosiddetta guarigione e l’eliminazione del virus”. Lo sosteneva la scorsa estate Anthony Fauci, capo della task force statunitense per la gestione della pandemia di Covid-19. Nei mesi successivi il numero di pazienti che riportavano problemi di salute nonostante non risultassero più positivi all’infezione da Sars-CoV-2 è cresciuto a tal punto da diventare un argomento di discussione sempre più presente all’interno della comunità scientifica. Il Covid-19 potrebbe diventare una patologia cronica? Di questo si occupa la nuova scheda di Dottoremaeveroche, pubblicata oggi sul sito della Fnomceo. Uno studio italiano pubblicato la scorsa estate, basato sui dati relativi a 147 pazienti guariti dalla Covid-19, riportava che quelli più comuni erano – dal più frequente al meno frequente – stanchezza, respiro corto, dolori articolari e al petto, si legge fra l’altro nella scheda. La stanchezza è il sintomo più diffuso anche in un recente studio dell’Università di Washington che ha valutato lo stato di salute di 177 persone guarite dall’infezione fino a nove mesi di distanza dall’inizio della malattia, seguita dalla perdita di gusto e olfatto, ma altri sondaggi fanno emergere anche brividi, mal di testa, tosse, problemi gastro-intestinali. Un altro sintomo riportato molto frequentemente è una sorta di nebbia mentale, con problemi di memoria e concentrazione, riconducibile, secondo alcuni autori, a una condizione nota col nome di “encefalomielite mialgica” o “sindrome da stanchezza cronica”. Quanti pazienti sviluppano il long Covid? “Difficile dirlo con certezza – conclude la scheda –. Secondo una revisione pubblicata a gennaio 2021 la percentuale di pazienti guariti dall’infezione da Sars-CoV-2 che sviluppa sintomi da long Covid varia tra il 5% e il 50,9%. Sempre più evidenze suggeriscono che gli effetti a lungo termine dell’infezione possono interessare praticamente tutte le persone che hanno contratto il virus, a prescindere dall’età e dalla gravità della malattia”.Giovanna Pasqualin Traversa