Mille persone per l’addio a Fabio, Daniela e al figlio Lorenzo. Nell’omelia mons. Delpini ha immaginato un dialogo tra Dio e i familiari Nella chiesa di Santa Maria Nascente di Paderno Dugnano, si sono celebrati oggi i funerali di Fabio, Daniela e del figlio Lorenzo, le tre vittime della strage familiare avvenuta nella notte tra lo scorso 31 agosto e il 1° settembre. Al lutto si è unita anche la città di Paderno Dugnano, che tramite la sindaca, Anna Varisco, ha proclamato il lutto cittadino “in segno di cordoglio e partecipazione di tutta la comunità per la loro tragica scomparsa e in segno di partecipazione alla sofferenza dei familiari per i tragici eventi occorsi”. La funzione è stata partecipata da un migliaio di persone, che si sono presentate anche nella piazza della chiesa, dove hanno potuto offrire il proprio saluto all’entrata, dove erano posizionate una corona di fiori e il manifesto mortuario della famiglia. I funerali sono stati inizialmente interrotti da un uomo che ha provato, salendo sul pulpito, a prendere la parola dal microfono. Il gesto è stato immediatamente fermato dalle forze dell’ordine, che hanno permesso il regolare svolgimento della funzione. Le esequie sono state presiedute dall’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, che nel corso dell’omelia ha offerto ai fedeli una serie di riflessioni, impostate come se fossero delle domande immaginarie poste a Dio. “Io mi immagino che accogliendo Lorenzo il Signore Dio gli abbia detto: perché sei qui, così giovane? Da dove vieni? Che cosa sono queste ferite? Che cosa è stato della tua vita? Io mi immagino che Lorenzo abbia risposto: ‘Sono qui, a causa di mio fratello, il mio fratello grande, il mio fratello intelligente. È stato lui che ha interrotto il mio incubo notturno, mentre avevo l’impressione di essere inseguito da un mostro e mi sarei svegliato, penso, come al solito spaventato e rassicurato di essere ancora vivo. Ma in quella notte non mi sono svegliato, a causa di mio fratello, il mio fratello grande, il mio fratello intelligente’”. Mons. Delpini ha proseguito la sua omelia, immaginando un dialogo tra Dio e i familiari, ricordando anche i genitori. “Come farà senza di me Riccardo, il mio figlio grande? La mamma mette al mondo e lascia partire i figli per la loro strada, ma io continuerò ad abitare il mistero, voglio ostinarmi a seminare una scintilla di luce, anche nel buio più cupo, voglio stare vicino a Riccardo per continuare a rassicurarlo di fronte al mistero, infatti nel mistero abiti tu, Signore Dio, e io sono con te!”. L’arcivescovo ha poi continuato soffermandosi su Fabio, il padre. “Riccardo, il mio figlio grande, quasi un uomo ormai, forse mi ha sentito come un peso, come un fastidio, come capita a tutti i figli che hanno momenti in cui sentono insopportabile il papà. Ma io ho parole da dire. Ecco: il papà è uomo di parola, è uomo che ha parole da dire, è uomo che aiuta i figli a trovare le parole per dire di sé, della loro inquietudine e della loro speranza. Il mio Riccardo non ha ancora imparato a esprimere in parole quello che dentro l’animo si agita, si aggroviglia, si raggela. Voglio stare vicino a Riccardo e aiutarlo a dire le parole giuste, a dare il nome giusto alla vita, anche al dolore, anche alla rabbia. La parola è già una medicina. Il papà, se ascolta la sua esperienza e ascolta la voce del Signore, sa la parola giusta, sa il discorso rassicurante, sa la parola che incoraggia, che corregge, che rimprovera, che perdona”. Al termine della celebrazione, l’arcivescovo ha salutato i fedeli ricordando la necessità, in momenti simili, di “aver bisogno di silenzio, e di preghiera”. Dopo il funerale, i fedeli e i presenti di fronte alla chiesa hanno manifestato il proprio sostegno con un lungo applauso, soprattutto in occasione dell’uscita dei feretri, accompagnati sui carri funebri dalla musica della banda di Paderno Dugnano e con il lancio in aria di alcuni palloncini azzurri dedicati a Lorenzo, il ragazzo deceduto, da parte della squadra locale di pallavolo. Per volontà dei familiari delle vittime, i partecipanti sono stati invitati a non portare fiori, ma a devolvere le eventuali offerte all’associazione Kayros, fondata da don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria, l’Istituto minorile di Milano.Lorenzo Garbarino