Cinema. Anteprime d’agosto: “It Ends with Us”, “L’innocenza” e “Finché notte non ci separi” Ad agosto il cinema non si ferma più. Oltre al nuovo episodio del cartoon da record “Cattivissimo Me 4”, di cui ci siamo già occupati, in uscita nelle sale una serie di proposte sul tracciato del sentimento e della famiglia, tra tonalità romantiche, ombrose, ironiche e dolenti. Anzitutto dal 21 agosto il dramma “It Ends with Us. Siamo noi a dire basta” (Sony), adattamento dell’omonimo bestseller di Colleen Hoover. Diretto e interpretato da Justin Baldoni, il film ha come protagonista Blake Lively: racconto elegante e patinato, che esplora dinamiche d’amore e violenze domestiche. Esce il 22 agosto l’intenso e poetico “L'innocenza” del regista giapponese Kore'eda Hirokazu, film premiato per la miglior sceneggiatura al 76° Festival di Cannes e impreziosito dalla colonna sonora del compianto Ryuichi Sakamoto. Un puzzle esistenziale, delicato e sofferto, che esplora il rapporto genitori-figli, insegnante-allievi e l’amicizia in età scolare. Un dramma puntellato da luminosità che direziona l’attenzione sul bisogno di ascolto e accoglienza. Infine, dal 29 agosto la rom-come “Finché notte non ci separi” di Riccardo Antonaroli con Pilar Fogliati e Filippo Scicchitano. È l’adattamento della commedia israeliana “Honeymood” (2020) di Talya Lavie, che fotografa la difficoltà di dialogo e fiducia in una giovane coppia alla prova del matrimonio. “It Ends with Us. Siamo noi a dire basta” (Cinema, dal 21 agosto) Alla base c’è il romanzo del 2016 di Colleen Hoover, che però è entrato nella lista dei bestseller del “New York Times” solo nel 2022, spinto anche da BookTok (TikTok). È “It Ends with Us. Siamo noi a dire basta”, film per il grande schermo diretto da Justin Baldoni con protagonista Blake Lively (“Adaline”, “Café Society” e la serie Tv “Gossip Girl”), affiancata dallo stesso Baldoni e da Brandon Sklenar. La storia. Boston, oggi. Lily Bloom è una trentenne che si prepara ad aprire un negozio di fiori. È il sogno di una vita, sin da ragazza. Ha da poco perso il padre, con cui però i rapporti erano sfibrati perché violento in casa. Nella nuova vita a Boston Lily fa la conoscenza del neurochirurgo Ryle Kincaid, di cui si innamora rapidamente. A cena in un noto locale della città si imbatte nel suo primo amore, Atlas Corrigan, che le fa affiorare ricordi dolci e amari… L’attore statunitense Justin Baldoni torna dietro alla macchina da presa (suo è “A un metro da te” del 2019) per dirigere il popolare romanzo di Hoover. L’impianto narrativo è curioso: da un lato c’è il tipico tratto della storia sentimentale con striature drammatiche, legata al cammino di formazione, della consapevolezza di sé e della scoperta dell’amore. Insomma, un titolo che corre lungo il binario narrativo di storie alla Nicholas Sparks. In verità, “It Ends with Us. Siamo noi a dire basta” squaderna un tema denso e delicato, quello delle violenze domestiche ai danni delle donne, in una spirale ciclica soffocante. Il film segue la traiettoria di Lily Bloom che si affranca dalla famiglia d’origine, che percepisce come un nido di spine per le violenze ripetute del padre ai danni della madre; da adulta Lily cade inconsapevolmente in una relazione possessiva e violenta, che le fa rivivere i traumi dell’infanzia. Il racconto viaggia spedito per 130 minuti, puntando su una confezione formale elegante e seducente, nella cornice dell’upper class di Boston. E se la dimensione formale è intrigante, a lasciare un po’ perplessi è l’andamento del copione, che governa il tema con rispetto sì, ma anche con una certa basicità e ingenuità, con soluzioni narrative piane e mielose. Gli interpreti si mettono in maniera generosa a servizio della storia, spesso coprendo i difetti di una sceneggiatura non del tutto solida, approfondita. “It Ends with Us. Siamo noi a dire basta” è un film interessante, soprattutto per il tema, che però rischia di annacquarsi in un eccessi di semplicità e toni zuccherosi. Consigliabile, problematico, per dibattiti.  “L’innocenza” (Cinema, dal 22 agosto) Torna il grande maestro del cinema giapponese abile nel raccontare la trama dei sentimenti e dei legami familiari. È Hirokazu Kore'eda, classe 1962, che negli oltre trent’anni di carriera ha regalato dei quadri familiari di grande intensità e poesia, puntellati anche da malinconia: tra i suoi titoli “Father and Son” (2013), “Ritratto di famiglia con tempesta” (2016), “Un affare di famiglia” (2018, Palma d’oro al 71° Festival di Cannes) e “Le verità” (2019). Dal 22 agosto è nei cinema con “L'innocenza” (titolo internazionale “Monster”), incoronato per la miglior sceneggiatura al 76° Festival di Cannes (2023). A firmare il copione è Yūji Sakamoto. Protagonisti i piccoli Soya Kurokawa e Hinata Hiiragi, affiancati da Sakura Andô ed Eita Nagayama. La storia. Giappone, oggi. Minato è un bambino di 11 anni silenzioso, ferito dalla morte del padre. I suoi comportamenti appaiono sempre più strani e incomprensibili agli occhi della madre. Immediatamente i sospetti cadono sul maestro di scuola, che viene accusato di maltrattamenti. Pian piano però il quadro si fa più articolato ed emergono più verità… Hirokazu Kore'eda costruisce un film stratificato, che all’inizio appare come una nebulosa di umanità infelice e alla deriva; pian piano però i tasselli di questo mosaico sociale frantumato e dolente trovano posto, si ricompongono, ed emerge un orizzonte narrativo sofferto e commovente. Una storia che poggia su false verità e pregiudizi, nel mondo degli adulti e dei bambini. Cuore pulsante del racconto è proprio la condizione dei preadolescenti Minato ed Eri, che si proteggono e sostengono con un sentimento d’amicizia, bersagliato però da cattiverie e meschinità da parte dell’ambiente circostante. In questo, il film sembra richiamare il dramma belga “Close” (2023) di Lukas Dhont. “L'innocenza” evidenzia dunque il bisogno di ascolto e dialogo in casa, a scuola e tra pari, un’opera governata con grande maestria da Hirokazu Kore'eda, forte di un copione ben scritto, giocato tra tornanti di sorpresa e drammatica dolcezza. In ultimo, una parola sulle musiche composte dal Premio Oscar Ryuichi Sakamoto (“L'ultimo imperatore” e “Il tè nel deserto”): l’autore giapponese è riuscito a firmare i primi brani del film prima della morte nel marzo del 2023. “L'innocenza” è pertanto il suo ultimo lavoro, postumo, e come sempre la sua composizione risulta intessuta di elegia e raffinatezza. Complesso, problematico, per dibattiti.  “Finché notte non ci separi” (Cinema, dal 29 agosto) L’idea viene dal film israeliano “Honeymood”(2020) di Talya Lavie: è la rom-com degli equivoci “Finché notte non ci separi” di Riccardo Antonaroli e scritto da Roberto Cimpanelli, Giulia Martinez e Susanna Paratore. Protagonisti Pilar Fogliati e Filippo Scicchitano, affiancati da Giorgio Tirabassi, Lucia Ocone, Valeria Bilello e Francesco Pannofino. Passato in anteprima al 70° Taormina Film Festival (2024), è nelle sale dal 29 agosto con 01 Distribution. La storia. Roma, notte. Eleonora e Valerio si sono appena sposati. Sono in un lussuoso albergo della Capitale per trascorrere la prima notte di nozze. Salgono in stanza, stanchi e felici per la giornata; quando aprono qua e là dei regali, qualcosa va storto: spuntano questioni “irrisolte” dal passato che li portano a mettersi in macchina in cerca di risposte, andando a bussare alla porta di ex fidanzati o familiari... Il racconto ha un andamento scorrevole e agile, anche se si inceppa un po’ per forzature narrative e soluzioni che appaiono sovraccariche e improbabili. I due neo sposi con troppa facilità sperimentano la caduta dalla gioia del matrimonio, dalla felicità dell’unione di coppia, in una vertigine asfittica di dubbi brucianti su fedeltà, sincerità e l’ingombrante presenza di amori appartenenti al passato. Il film poggia interamente sull’interpretazione di Fogliati e Scicchitano, che con mestiere e genuinità portano a casa il risultato, ben coadiuvati da comprimari esperti. Emergono però non poche mancanze nell’ossatura del racconto. Consigliabile, problematico-brillante, per dibattiti. Sergio Perugini