Mattarella in Brasile: italiano tra gli italiani a 150 anni dall'emigrazione tricolore L’ultimo Presidente della Repubblica italiano giunto nel Rio Grande do Sul, lo Stato brasiliano meridionale dove il 40 per cento della popolazione è di origine italiana, era stato, nel 1958, Giovanni Gronchi. A porre fine a questa prolungata assenza, è stato, la scorsa settimana, il presidente Sergio Mattarella, che è giunto a Porto Alegre, capitale del Rio Grande do Sul un paio di mesi dopo l’evento più catastrofico che la popolazione ricordi, un’alluvione che ha portato morte e distruzione ovunque. Cinque tappe. Non una visita qualsiasi, quella di Mattarella nel “Gigante” sudamericano. Cinque tappe, in altrettanti giorni: Brasilia, Porto Alegre, San Paolo, Rio de Janeiro, Salvador de Bahia. Ovunque, incontri con la comunità dei connazionali, e del resto il motivo ufficiale del viaggio era il 150° anniversario dell’emigrazione italiana in Brasile. Ma anche visite altamente simboliche, come quelle effettuate all’Arsenale della speranza del Sermig a San Paolo, dove vengono accolte persone di strada, e alla Comunità francescana Betania di Salvador de Bahia, impegnata in un’azione educativa a 360 gradi con i ragazzi dei quartieri poveri della metropoli. Ancora, l’incontro con il Presidente Lula a Brasilia e il discorso al Centro brasiliano per le relazioni internazionali, a Rio de Janeiro, ideale prosecuzione, anche se nell’orizzonte dello scenario internazionale, del recente intervento alla Settimana sociale dei cattolici in Italia di Trieste. Le basi del dialogo. Scenari diversi, ma “ingredienti simili”, sempre con la volontà di mostrare, con le parole e con i fatti, un percorso di rigenerazione della democrazia che passa per il dialogo, l’ascolto, la valorizzazione delle esperienze di inclusività che nascono dalla società civile, la paziente “ricucitura” sociale rispetto alla logica dello scontro e della polarizzazione. Il Capo dello Stato ha ricordato che “le basi del dialogo sono i valori che appartengono ai nostri due popoli. L’amore per la libertà, la spinta a una società equa e inclusiva, il presidio offerto dallo stato di diritto e dalla vigenza della democrazia”. Tra gli italiani colpiti dall’alluvione. Soprattutto, la visita di Mattarella in Brasile è stata un esercizio d’ascolto, che ha consentito di accendere la luce, in Italia, sui molti volti di questo Paese a noi così vicino. La conferma arriva dalle testimonianze dirette raccolte dal Sir, a partire proprio dalla visita ai cittadini italiani e ai discendenti dei nostri emigranti, nel Rio Grande do Sul. È ancora emozionato e commosso, il console a Porto Alegre, Valerio Caruso: “La visita di Mattarella ci ha riempito di gioia, ci ha espresso grande vicinanza, ha incontrato molte persone, stretto mani, parlato con i bambini. Qui ci sono 130mila cittadini italiani, ma quattro abitanti su dieci sono di origine italiana. Qui tutto parla dell’Italia, i nomi dei paesi, il paesaggio, i vigneti… Qui si produce il 90% del vino brasiliano. Questa è una terra cresciuta grazie ai valori della famiglia e del lavoro, anche se si tratta di una zona periferica, un po’ isolata dal resto del Brasile”. Per questo, la visita di Mattarella è stata doppiamente apprezzata, perché giunta a ridosso della terribile alluvione che non ha avuto finora la giusta attenzione, sia in Italia, visti i legami storici con questo territorio, sia nello stesso Brasile. “Mattarella – prosegue il console – ci ha espresso la sua solidarietà, anche con l’annuncio di un aiuto umanitario di 500mila euro attraverso il ministero degli Affari esteri, che si aggiunge a un primo volo umanitario”. Aggiunge Cristina Mioranza, originaria del Bellunese, presidente del Comites Rio Grande do Sul, l’associazione che riunisce gli italiani che vivono in Brasile: “È stata una grande giornata, e siamo stati orgogliosi si essere italiani. Il presidente è stato molto gentile con tutti. Il Rio Grande do Sul è stato costruito da zero dagli italiani e, grazie anche a questo incoraggiamento, dopo l’alluvione lo ricostruiremo di nuovo”. Sermig e Comunità francescana. Ma sono tanti, in Brasile, anche gli italiani che si dedicano a “sanare” i tanti squilibri sociali presenti nel Paese, a stare accanto ai più poveri e dimenticati. Tra questi, numerosi missionari, tante “opere” avviate da realtà ecclesiali e congregazioni religiose. Mattarella ne ha incontrate, in particolare, due. A San Paolo, così come aveva fatto per le analoghe strutture di Torino e in Giordania, ha visitato la sede del Sermig, l’Arsenale della speranza, venendo a contatto con una delle realtà sociali più impattanti del Brasile, quella delle persone di strada. L’Arsenale è sorto nello stesso luogo dove, 150 anni fa, gli emigranti italiani sostavano per il periodo di quarantena, appena sbarcati. La visita di Mattarella ci viene raccontata da padre Simone Bernardi, che è il presidente della struttura: “Per noi la visita del Presidente è stata un dono grande – spiega –, ma direi che si è trattato, soprattutto, di un segno grande per la città di San Paolo. La presenza delle persone di strada è molto dibattuta, crea problemi, polarizza e divide la società. Ha smosso molto l’opinione pubblica locale la scelta di un Capo di Stato di incontrare le persone di strada. Non si chi altro lo avrebbe fatto. Ha incontrato persone che molti vorrebbero, letteralmente, eliminare”. Poche, le parole pronunciate da Mattarella, ma molto incisive, a partire dalla “convinzione di base che non dovremmo mai dimenticare: ciascuna persona – ciascun uomo, ciascuna donna – rappresenta un patrimonio irripetibile, unico al mondo. E non c’è nessuno, nessuna persona che sia mai perduta davvero”. Secondo padre Bernardi, sono parole “dall’alto spessore umanista, soprattutto quando ha detto che mai nessuna persona è perduta. Un messaggio forte, che impatta anche sulla campagna elettorale in corso per le elezioni comunali”. Il presidente dell’Arsenale aggiunge una nota personale: “Mi ha colpito quella che definirei la sua delicatezza forte”. “Gli occhi dei nostri bambini…”. Tanta gioia anche a Salvador de Bahia, alla comunità francescana Betania, composta da sette religiosi e religiose francescani, dove il presidente Mattarella ha abbandonato qualsiasi esigenza di protocollo, per trasformarsi in “nonno affettuoso”, emozionandosi davanti ai bambini dell’asilo gestito, appunto, dalla comunità. “Una visita breve ma intensa – afferma suor Mariangela Grisoni – che si è protratta per una trentina di minuti. Il Presidente, del quale mi hanno colpito l’umiltà e la delicatezza era molto contento, ci ha ringraziato, era stupito dalla gioia che esprimevano gli occhi dei nostri bimbi, che hanno cantato e portato alcuni doni. Ha anche visitato il nostro convento, i luoghi della nostra comunità, basata su preghiera, accoglienza e vita fraterna”. L’attenzione principale di Betania resta quella educativa: “Al momento abbiamo l’asilo, frequentato dai bambini tra i 5 mesi e i sei anni di un quartiere povero di Salvador. La frequenza è gratuita, ma vogliamo offrire un servizio di qualità. Lo facciamo ispirandosi alla scuola pedagogica di Reggio Emilia, e grazie al sostegno a distanza che riceviamo da Italia e Germania. Non ci prendiamo carico solo dei bambini, ma anche delle loro famiglie. E il nostro sogno è andare avanti con il ciclo scolastico, aprendo ulteriori scuole, dalle elementari alle professionali”.  Bruno Desidera