Diocesi: mons. Rega (San Marco-Scalea), la devozione alla Madonna del Carmelo rappresenta "un tratto identitario" La devozione alla Madonna del Carmelo rappresenta "un tratto identitario insostituibile per tante comunità". Lo ha detto questa mattina monsignor Stefano Rega, vescovo di San Marco Argentano-Scalea, celebrando una liturgia in occasione di questa festa molto sentita nella diocesi calabrese. "Oggi siamo in festa: questa solennità - ha aggiunto il presuole - è importante perché fa riscoprire il valore e la bellezza della nostra vita, del nostro stare insieme, del lavoro che svolgiamo, del futuro che speriamo. Insieme torniamo ad apprezzare ciò che rende bella e buona la nostra vita personale e sociale, nonostante le difficoltà e i problemi che ci assediano. La festa di oggi è l’affermazione che la vita e il bene sono più forti di tutti gli ostacoli che si mettono contro". Guardando all’effige della Madonna del Carmine - ha detto ancora mons. Rega - "siamo attratti dallo scapolare che la Vergine e il Bambino recano nelle mani. Esso è il segno dell’appartenenza a Maria; è segno che siamo sua proprietà e come cosa a Lei appartenente, si fa carico di proteggerci in una maniera tutta speciale. Vivendo sotto il manto di Maria rifugiamo il peccato e accresciamo la nostra unione intima con Dio". Insieme con Maria "vogliamo ascendere verso le realtà celesti, abbandonando i pesi opprimenti delle nostre umane precarietà, aiutandoci vicendevolmente, imparando a 'portare i pesi gli uni degli altri', scegliendo la via della comunione a preferenza delle ostilità e delle divisioni che minacciano la nostra integrità". Il presule, come "segno di attenzione e di vicinanza pastorale" ai sacerdoti della diocesi e per "intensificare il valore storico e pastorale che riveste la comunità di Scalea, titolare di sede diocesana" ha ritenuto "opportuno" donare al Santuario della Madonna del Carmine una lampada in argento: "essa porta incisa la dedica ai sacerdoti, miei più stretti collaboratori, con i quali viviamo il ministero della santificazione del popolo di Dio. La lampada che arde - ha spiegato - richiama il nostro impegno a pregare perché i sacerdoti siano santi sull’esempio del Buon Pastore e possano imitare nello zelo pastorale la cura che Gesù ha manifestato e sempre manifesterà per gli uomini e le donne di ogni tempo. La riscoperta della Preghiera sarà il cammino che vivremo nel prossimo Giubileo. Come pellegrini di speranza, alimenteremo le lampade del nostro cuore con l’olio della fede".  Raffaele Iaria