Carceri: mons. Trevisi (Trieste), "servono dialogo e confronto per allentare la disperazione nei detenuti e la fatica immane del personale" "Parliamo di persone che hanno sbagliato, e i reati commessi vanno perseguiti. Ma, appunto, parliamo di persone, la cui dignità umana permane, una dignità ferita, per la quale occorre impegnarsi in processi di riabilitazione-rieducazione e, dove possibile, di riparazione in favore delle vittime e delle comunità". Lo scrive mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, dopo la rivolta di ieri nella casa circondariale “Ernesto Mari” di Trieste. "Non dimentichiamoci delle possibilità della 'giustizia riparativa', che è una opportunità importante introdotta dalla 'riforma Cartabia' (d.lgs 150, del 10 ottobre 2022) per restituire dignità e cittadinanza non semplicemente “pagando” ma ricostruendo quel che, violando persone o beni, è stato infranto. La pena, da sola, non incide sulla recidiva né sulla sicurezza: deve essere accompagnata da forme attive di impegno, da esperienze capaci di trasformare e di prendere le distanze dal male compiuto, capaci di rigenerare la capacità di contribuire al bene comune", evidenzia il presule. "Gesù si è fatto vicino ad ogni persona fragile e vulnerabile (malati, disabili, bisognosi, peccatori, poveri…). È arrivato a dire che ogni volta che si soccorre uno di questi piccoli lo si fa a Lui (o non lo si fa a Lui). In quel contesto parla anche dei carcerati (Mt 25) da visitare: e la visita è espressione di prossimità, di premura, di cura… Gesù ci ha dato l’esempio nel non sottrarsi al restare accanto agli esclusi, agli emarginati. E addirittura – come condannato ingiustamente – si è fatto accanto anche ai ladroni: Lui al centro e i ladroni uno a destra e uno a sinistra. Noi dobbiamo imparare da Gesù, anche se le modalità vanno reinventate per il nostro contesto storico. Come minimo si tratta di umanizzare le carceri perché non siano scuole in cui si impara a delinquere ancora di più ma luoghi in cui le persone sono accompagnate a rigenerarsi a vita nuova", osserva il vescovo. "Sono solo alcuni pensieri, che rimandano ad altre questioni assai intricate ma che necessitano che si apra il dialogo e il confronto. Come si è fatto in una piazza della democrazia nella scorsa Settimana sociale dei cattolici in Italia. Aprire il confronto e però agire subito per allentare la disperazione nei carcerati e la fatica immane del personale che lavora nelle carceri: personale che non possiamo abbandonare nella gestione di tensioni esplosive e ingestibili", conclude mons. Trevisi.Gigliola Alfaro