Ucraina: Moretti (Mean) all'ospedale pediatrico di Kiev, "ci teniamo ad essere testimoni del grande coraggio del vostro popolo" “Ci teniamo ad essere testimoni del grande coraggio del vostro popolo, che sentiamo già europeo e che sta pagando con il sangue la sua ferrea volontà“. Queste le parole di Angelo Moretti, portavoce del Movimento europeo di azione non violenta (Mean), che insieme ad un gruppo di attivisti ha portato l’abbraccio dell’Italia al personale sanitario, a tutti i pazienti ricoverati e alle loro famiglie dell’ospedale pediatrico Okhmatdyt di Kiev, attaccato dai russi l’8 luglio scorso. Un missile ha centrato il reparto di terapia intensiva che curava gli emodializzati. Uno edificio dell'ospedale sarà demolito mentre il più nuovo, inaugurato due anni fa, ha resistito, anche se le vetrate si sono tutte frantumate. Il primario della medicina e della terapia intensiva dell’ospedale, Serhii Chernyshuk, ha raccontato che allo scoppio della bomba i medici hanno fatto da scudo con il loro corpo ai bambini ricoverati salvandoli, ma così hanno messo a repentaglio la loro vita: cinque sono ora in gravi condizioni e una dottoressa è morta. Lo stesso giorno circa un’ora più tardi, i russi hanno distrutto una clinica ostetrica dall’altra parte del fiume Dnipro e hanno ucciso sette persone. Il bilancio finale dell’attacco dell’8 luglio è di 40 morti. Già altre volte i nemici avevano tentato di colpire il più grande ospedale pediatrico ucraino, ma i loro missili erano stati intercettati dalla difesa aerea. Questa volta ci sono riusciti. Dei 600 bambini ricoverati ne restano 70 nelle strutture che non si sono danneggiate, i piccoli pazienti in condizioni migliori sono stati dimessi, quelli più gravi, soprattutto gli oncologici, sono stati trasferiti in altri ospedali. “Molti paesi - ha detto il dott. Serhii Chernyshuk- vivono senza guerra da anni e così dimenticano le atrocità che essa comporta. Fino a 10 anni fa anche noi pensavamo che l’orrore della seconda guerra mondiale non potesse ripetersi più. Adesso siamo sull’orlo della terza guerra mondiale perché il mondo tranquillo non ha il coraggio di dire ‘no’ a chi aggredisce un altro popolo. Ora non è possibile un compromesso: o reagiamo o moriamo. Abbiamo a che fare con uno che non vede differenza tra uccidere un militare o un bambino". Patrizia Caiffa