La seduzione della forza In un mondo sempre più in fiamme, segnato da guerre, drammi migratori, crimini contro l’umanità, nuove forme di colonialismo economico che continuano a depredare i paesi più poveri delle loro risorse e dunque della loro possibilità di futuro, i paesi occidentali sembrano virare politicamente sempre più a destra, su posizioni antieuropeiste e di un antistorico egoismo nazionalista. E a sorprendere è che tali chiusure non si manifestino solo a causa di un’età media della popolazione molto alta e dunque naturalmente più portata alla nostalgia e al conservatorismo (come accaduto ad esempio nel Regno Unito in occasione della Brexit), ma anche per un mondo giovanile militante a livello politico che, probabilmente proprio a causa della fragilità del pensiero debole e del relativismo morale in cui è cresciuto, si lascia ora sempre più di frequente sedurre dalla propaganda della forza e di una identità di corpo costruita in opposizione violenta a chiunque sia portatore di una qualche forma di diversità. Come ben ha sottolineato su Avvenire Danilo Paolini, commentando le gravi esternazioni e i riti corporativi di alcuni membri di Gioventù Nazionale contro ebrei, persone di colore, omosessuali e disabili, “non discutiamo qui di reduci della Repubblica Sociale o dei loro discendenti… quelli che parlano come squadristi degli anni ‘20 del Novecento sono ragazzi, alcuni dei quali addirittura minorenni”. Senza voler fare di ogni erba un “fascio” (modo di dire in questo caso, però, quantomai azzeccato), fare un giretto sul sito internet del movimento giovanile di Fratelli d’Italia risulta davvero istruttivo. La scelta di grafiche, slogan e immagini rimanda ad un universo simbolico che speravamo essere stato definitivamente sepolto e consegnato alla storia, ma che evidentemente continua invece a sedurre e a fare proseliti. Profili di giovani uomini e donne con il braccio ambiguamente alzato su uno scenario di distruzione e la chiamata al “patriottismo” per contrastare il globalismo; un invito a tracciare confini, molto diverso da quello di papa Francesco a gettare ponti; un tricolore brandito da un pugno alzato in modo tutt’altro che rassicurante. Tutto un armamentario ideologico che una volta di più dimostra l’incapacità in Italia di formare un partito di destra diverso, su basi che risultino chiaramente democratiche, liberali e costituzionali, senza le quali lo sconfinamento verso l’autoritarismo e la dittatura è ben più di un infondato timore o di una strumentalizzazione elettorale. E le cose proprio non paiono andare meglio tra i cugini francesi, dove per la prima volta il fronte lepenista e xenofobo potrebbe conquistare il potere. A confermare anche qui la gravità della situazione, una Nota accorata dell’episcopato transalpino che ha invitato i cattolici a pregare per la Francia: «Che sia una terra di libertà, di giustizia, di fratellanza e che resti all’altezza del suo ruolo nella storia»; accompagnata da un appello del rettore della Grande moschea di Parigi: «Non lasciamo che i demoni dell’odio irrazionale ci dividano». Preoccupazione che, pure in tempi di dialogo difficile a causa della guerra in Palestina, accomuna e avvicina ora in Francia il mondo ebraico a quello mussulmano. Ciò che più fa pensare è che il candidato premier dell’ultra-destra francese sia un giovane di soli 28 anni, Jordan Bardella, che essendo nipote di migranti italiani e algerini, per il suo stesso credo politico in Francia non solo non dovrebbe aspirare a comandare, ma proprio non ci dovrebbe stare. Contraddizioni di giovani che non vanno assolutamente sottovalutate perché, dato l’attuale scenario internazionale, potenzialmente foriere di gravi disastri per l’umanità. .Alessio Graziani