Settimana sociale: Granata (vicepresidente Comitato), “se le persone non si sentono riconosciute nel loro valore e nelle loro differenze non partecipano” (Trieste) È necessario “saper coinvolgere”, “che vuol dire chiamare in causa, scomodare, attivare, saper dare inizio. Non solo fare noi (quanto titanismo c’è nel pensare di dover fare sempre tutto da soli), ma saper coinvolgere, lasciar fare anche agli altri, motivandoli. E poi saper riconoscere: se le persone non si sentono riconosciute nel loro valore e nelle loro differenze (penso ai giovani, alle donne, a persone di altre culture, ai poveri) non partecipano”. Lo ha affermato questo pomeriggio Elena Granata, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimana sociali dei cattolici in Italia, nel suo intervento alla cerimonia di apertura della 50ª edizione che viene ospitata fino a domenica a Trieste. Granata ha messo in evidenza “il problema dei problemi”: “Quel paradossale destino della partecipazione… – ha spiegato – per cui più essa si fa inclusiva, complessa, onesta, più risulta, di fatto, incapace di arrivare a una sintesi condivisa. La fatica di elaborare proposte e visioni induce molti più che alla partecipazione (come l’abbiamo sempre intesa) a spendersi in azioni concrete”. “Perché – ha proseguito – è in questa dimensione del fare e dell’agire che è più facile sperimentare la gratificazione di un qualche risultato in tempi ragionevoli. Ed è in questo spazio dell’azione, qui e ora, che opera una società civile ancora sana, che si prende cura dei beni comuni, che promuove progetti ecologici e di salvaguardia della natura, che si fa carico di azioni solidali rivolte ai più deboli”. “Molte di queste esperienze – ha osservato – si distinguono certo per la capacità di coinvolgere le persone, ma stentano ad avere rapporti con la politica e spesso ne diffidano apertamente. La politica, a sua volta, raramente valorizza queste pratiche concrete e raramente le incorpora nel processo istituzionale. Questo divario è profondamente scoraggiante e ci richiede la capacità di riannodare i fili tra fare e pensare, tra azioni locali e politica nazionale”. “Dobbiamo diventare palestre di democrazia, piazze di democrazia”, ha continuato Granata citando Giovanni Moro nel richiamo a Toqueville. Certo, “non è facile”, ha rilevato, considerando che “la democrazia è tale se ‘si fa luogo’, se si incarna nelle storie locali, che poi diventano domande, servizi e istituzioni per tutti”. Come avvenuto nell’esperienza di Montessori, Olivetti, Basaglia, Dolci…Alberto Baviera