Attesa per il futuro francese Conosceremo questa domenica sera le sorti della Francia (e un po’ anche quelle dell’Europa): per la prima volta il risultato delle urne transalpine ci interessa così da vicino. L'affermazione clamorosa del Rassemblement National di Marine Le Pen e dell'italo-marocchino-francese Jordan Bardella al primo turno di domenica scorsa, il ridimensionamento della Renaissance di Macron e la tenuta di un Nouveau Front Populaire raffazzonato all'ultimo momento non promettono nulla di buono per quanti osano ancora sperare su un riequilibrio moderato delle istituzioni repubblicane di uno dei motori trainanti del continente. C'è ancora chi si chiede perché il presidente si è lanciato in una sfida senza necessità, dal momento che comunque poteva tenersi la sua maggioranza in parlamento. L'istintività e radicalità della scelta non poteva che comportare dei rischi per la tenuta stessa della democrazia. Infatti, già si temono comunque caos, disordini e manifestazioni nell'uno o nell'altro caso (che il RN conquisti o no il governo) da parti diverse, risultando palesemente difficile se non impossibile una convivenza tra opposti. I lepenisti hanno l'assoluta prevalenza nelle piccole città e nelle zone rurali, mentre nelle grandi città si affermano la sinistra (unita, ma con estreme differenze tra le componenti), i residui macronisti e i restanti neogollisti. Il problema che si presenta in maniera esplosiva in Francia riguarda però anche la vicina Germania, in una certa misura anche l'Italia, oltre che altri Paesi europei dove si è affermata la destra. Anche se gli equilibri nel Parlamento europeo, dopo le votazioni di circa un mese fa, sono rimasti simili all'assise precedente, tanto che si sta procedendo all'affermazione di una leadership fotocopia di quella uscente, è innegabile che qualcosa è cambiato. E c'è chi coglie la palla al balzo per soffiare sul fuoco dello scontento manifestato da larga parte della popolazione insofferente di alcune politiche comunitarie, viste come punitive anziché come propositive. Il premier ungherese Orbàn, che, appena assunta la presidenza dell'UE, si è recato a Kiev non si sa bene se per tranquillizzare Zelensky o per frenarne gli entusiasmi, ha già fatto capire da che parte intende orientarsi più decisamente avviando la costituzione del nuovo gruppo parlamentare dei "Patrioti", cui ha strizzato subito l'occhiolino, insieme ad altri leader di peso, il nostro Salvini. E' infatti, oltre a una più ragionevole transizione ecologica, quella della politica estera (cui sono collegati temi urgenti quali la difesa comune o la politica migratoria) la questione più a rischio per la Francia come per l'Europa. Affidarsi a personaggi dal recente passato di rapporti sospetti o perfino complici con Putin non rassicura di certo quanti vi si contrappongono ormai da due anni e mezzo per la vile aggressione di uno stato sovrano europeo. In parallelo, ci si chiede quali effetti potrà avere in Italia un risultato eclatante che ponga i cugini d'oltralpe nelle mani di una destra ben più a destra della nostra (per quanto stia tentando di calare i toni e di trasformarsi in "moderata": Bardella, per tranquillizzare gli animi, invita alla "rottura responsabile"). Già si colgono maggiori tensioni nella nostra coalizione di governo, dove - mente si accentua il contrasto tra il popolare Tajani e il leghista Salvini, esplicitamente pro Le Pen - la stessa Meloni, pur marcando le differenze con il Rassemblement francese, è tentata di abbracciare comunque una destra sorella, anche a rischio di rompere equilibri faticosamente costruiti (e purtroppo poco riconosciuti nel momento cruciale) in questi mesi di affermazione europea e internazionale. Per lei sarà ancora più difficile scegliere il 18 luglio a Strasburgo. Intanto, con le prove alla festa dell'ANPI di Bologna, si vorrebbe costituire anche in Italia un nuovo Fronte Popolare, che però già fallì in altri tempi difficili.Vincenzo Tosello