La Francia in una terra sconosciuta. Molti interrogativi sul dopo voto In Francia il punteggio raggiunto da Rassemblement national, movimento di estrema destra guidato da Jordan Bardella e presieduto da Marine Le Pen (33% dei voti), molto più avanti del Nuovo fronte popolare che riunisce la sinistra e il campo presidenziale, è stato come un fulmine a ciel sereno in questa domenica 30 giugno. Sono 10,6 milioni gli elettori che hanno votato per un partito politico, certamente “demonizzato”, che ha smussato le asprezze più dure della sua identità, ma che continua ad appoggiarsi su un nazionalismo esacerbato e una denuncia costante dell'immigrazione. A dire il vero, la tempesta covava già da diverse tornate elettorali e in particolare dalle ultime elezioni europee. Lo scioglimento a sorpresa dell’Assemblea nazionale, deciso dal presidente Macron, ha scatenato l’esplosione che, nei prossimi mesi, le mozioni di censura votate da tutte le opposizioni o, le elezioni presidenziali a fine mandato nel 2027, avrebbero comunque provocato. E il rimbalzo della partecipazione (l’unica buona notizia di questa tornata elettorale!) è stato invece utile al partito di estrema destra. Il voto per Rassemblement national, infatti, non è più un tabù. Ha oltrepassato tutte le barriere di età, appartenenza sociale, convinzioni religiose, provenienza regionale. Gli elettori più anziani, i cattolici (anche se molti movimenti cristiani hanno invitato a respingere Rassemblement national), gli abitanti dell'Ovest della Francia che per tanto tempo hanno rappresentato una barriera, non oppongono più resistenza. Per vera convinzione o per “provare” un sistema politico che pensiamo di non aver mai provato (se non nelle ore buie della seconda guerra mondiale, ma chi ha voglia di ricordarselo?). Il secondo turno, domenica prossima, sarà decisivo: darà o meno la maggioranza assoluta a Jordan Bardella. Si annunciano ritiri di candidati per bloccare Rassemblement national. Ma quello che veniva chiamato il fronte repubblicano che, durante le precedenti elezioni presidenziali, portava gli elettori a votare “per default” per un candidato di cui non si condividevano le idee, pur di impedire a Marine Le Pen di accedere agli incarichi più alti, funzionerà anche questa volta? Non è sicuro. Soprattutto da quando la presenza di France insoumise all’interno dell’unione della sinistra, la personalità del suo leader Jean-Luc Mélenchon e il suo posizionamento estremista agiscono come un repellente per molti elettori di destra o di centro. Questo clima politico preoccupa molto in una Francia già fratturata che rischia di vedere le sue comunità dividersi ancora di più. Preoccupazione per i diritti degli immigrati e degli stranieri, preoccupazione per l’Europa già martoriata dagli sviluppi politici in altri Paesi, preoccupazione per un programma economico pericoloso… Le istituzioni politiche in Francia hanno fallito. Molti cittadini non si sentono né ascoltati né compresi; la globalizzazione li preoccupa; i servizi pubblici scompaiono dalle zone rurali; le disuguaglianze non vengono risolte. Molti media alimentano un clima di sfiducia e ansia, accentuando il risentimento degli elettori. I dibattiti pubblici non consentono scambi rispettosi e costruttivi. La democrazia soffre, in Francia come altrove. Non abbandoniamola a coloro che, da ogni parte, accentuano le divisioni. Alla vigilia delle elezioni, i vescovi francesi hanno invitato tutti a preparare il post-secondo turno, a "lavorare insieme per la continuità e il miglioramento della nostra vita sociale comune", a "lottare per la giustizia con i mezzi della verità e della fraternità", a essere "attori di amicizia sociale". Un dovere di vigilanza, di fronte a politiche che minerebbero la giustizia e la fraternità. *già direttrice de La Croix e presidente delle Settimane sociali dei cattolici francesiDominique Quinio*