Povertà: Caritas italiana-Save the children, il 58,5% delle famiglie assistite è in difficoltà per acquisto pannolini. Il 69,5% delle donne rinuncia al lavoro per seguire i figli Tra le principali difficoltà che pesano sui bilanci delle famiglie in condizioni di grave disagio economico seguite dalla Caritas vi sono: l’acquisto di prodotti di uso quotidiano, come pannolini (tale difficoltà è percepita dal 58,5% degli assistiti), abiti per bambini (52,3%) o alimenti per neonati come il latte in polvere (40,8%), le visite specialistiche pediatriche private (40,3%), l’acquisto di medicinali o ausili medici per neonati, specie se in presenza di disabilità o disturbi del linguaggio (38,3%).  E' quanto emerge da una indagine nazionale condotta da Caritas italiana, in collaborazione con Save the children, su un campione rappresentativo di famiglie assistite dalla rete Caritas, in condizione di conclamata difficoltà socioeconomica, che hanno al loro interno bambini nella fascia 0-3 anni. L’indagine ha coinvolto attivamente le Caritas di 115 diocesi. Oltre all’acquisto di giocattoli per i propri figli (37,2%), al pagamento delle rette per gli asili nido o degli spazi baby (38,6% dei nuclei) e anche, in casi di necessità, il compenso di eventuali servizi di baby-sitting (32,4%). I problemi economici costringono le famiglie anche ad altri tipi di rinunce. Circa due su tre (64,6%) tra gli intervistati dichiarano di essere costretti a rinunciare a opportunità formative e di lavoro, non potendo lasciare il/i figlio/i a nessuno. Una percentuale che sale al 69,5% per le donne (53,3% degli uomini), confermando che il lavoro di cura pesa di più sulle loro spalle. Il 47,1% afferma di non avere tempo per sé, il 38,2% si trova costretto a rinunciare ad attività ricreative per i propri figli, come ad esempio festeggiare il compleanno. Ricorre poi il tema sanitario (33,8%), sentito anch’esso in particolare dalle donne, con il 35,4% che dichiara di dover rinunciare a prendersi cura della propria salute. Quasi una famiglia su sette (15,2%) non accede al pediatra di libera scelta: un dato che ricorda la scarsità dei pediatri nel nostro Paese e la necessità di garantire l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale a tutti i minori, come previsto dalla legge. Quanto ai servizi per l’infanzia, il 25,5% dei genitori intervistati dichiara di avere iscritto il proprio figlio o i propri figli al nido. Chi ha deciso di non optare per l’iscrizione lo fa perché spesso se ne occupa la mamma disoccupata o inoccupata (69,4%), oppure a causa della retta troppo alta (27,4%). A chiedere aiuto in presenza di bambini piccoli (0-3 anni) sono soprattutto persone di cittadinanza non italiana (73,2%), mamme (70%), spesso pure single (anche a seguito di una separazione/divorzio), con bassi livelli di istruzione (più del 60% dei genitori ha al massimo la licenza di scuola media inferiore), in condizione di grave precarietà occupazionale (per lo più disoccupati, lavoratori poveri o casalinghe). L’età media è 36 anni.Patrizia Caiffa