Lisbona e “suor Lamentela” “In un convento c’era una monaca - questo è accaduto realmente - che si lamentava di tutto, e non so che nome avesse, ma le monache le cambiarono il nome e la chiamavano ‘Suor Lamentela’”. Come è nel suo stile Papa Francesco ha messo un pizzico di umorismo il 2 agosto nell’omelia nel corso della recita dei Vespri al “mosteiro dos Jerónimos” di Lisbona all’inizio della Giornata mondiale della Gioventù. Non è la prima volta che il Papa ricorre a questa immagine che è tornata alla mente nel leggere la notizia che tra i molti e variegati festival dell’estate italiana ce n’è stato uno all’inizio di agosto dedicato al lamento. Un giornalista calabrese, Gaetano Moraca, che vive a Milano ha promosso il “Festival del Lamento” in un piccolo paese, Soveria Mannelli ai piedi della Sila. “Lamentarsi - scrive il giornalista - costituisce in Calabria un’ontologia, uno scandire del tempo. Il lamento assolve a una funzione comunicativa, è esercizio di redenzione e assoluzione delle coscienze…”. Non solo in Calabria questo avviene. In tre “lamentazioni serali” si è affrontato il tema del piangersi addosso evitando però di venirne sommersi ed ecco allora che dopo relazioni e dibattiti sono arrivate “le cene consolatorie” non per rimuovere un fenomeno nazionale ma per sdrammatizzarlo, per non lasciarlo nelle mani di quanti si vedono circondati solo da ombre. E soprattutto per dire che si può, anzi di deve, prendere in giro il lamentarsi perché se è vero che molte sono le ragioni di essere preoccupati per quanto sta accadendo altrettanto vero è che più numerose e consistenti sono le ragioni per andare oltre, per non ridurre l’ansia in un piagnisteo scoraggiato e scoraggiante. Da Lisbona dove oltre un milione di giovani, tra i quali non pochi provenienti da Paesi devastati da guerre crisi e ingiustizie, è venuto un messaggio anti-lamentela, il messaggio di una gioia che vive anche nella fatica e nella sofferenza. Tre verbi, tra loro in connessione e progressione, sono nel messaggio che è venuto da Lisbona, dalla Giornata mondiale della gioventù: alzarsi, andare in fretta, prendere il largo. Nei tre verbi si può cogliere l’invito a non rimanere seduti nel lamento, a camminare con passo veloce e lieto verso gli altri, ad aprire la mente e il cuore a pensieri e gesti grandi. Il messaggio, pur con le debite proporzioni, è la risposta anche alla domanda del “Festival del Lamento” che va ben oltre i tre giorni ai piedi della Sila: come trasformare in energie positive quelle utilizzate per lagnarsi, per piangersi addosso? Nei tre verbi c’è una risposta: è la stessa inviata a quella “suor Lamentela” presente in uomini e donne che vedono solo ombre e raramente si accorgono della luce.Paolo Bustaffa