Periferie: Milano, al Quartiere Corvetto tra disagio sociale e presidi di legalità, cresce la speranza

Da domenica nel quartiere Corvetto, nella periferia sud-est di Milano, si sono verificate gravi proteste per la morte di Ramy Elgaml, un ragazzo di 19 anni caduto da uno scooter mentre era inseguito dai carabinieri. Fatti che hanno riportato l'attenzione dell’opinione pubblica su un quartiere popolare di Milano che incarna un profondo disagio sociale e strutturale. Ma c'è anche chi non si arrende e porta avanti un percorso di coesione sociale e inclusione

(Foto Ansa/SIR)

Da domenica nel quartiere Corvetto, nella periferia sud-est di Milano, si sono verificate diverse proteste per la morte di Ramy Elgaml, un ragazzo di 19 anni caduto da uno scooter mentre era inseguito dai carabinieri. Le manifestazioni, condite da cassonetti incendiati, un autobus danneggiato e scritte come “Verità per Ramy”, hanno concentrato le attenzioni dell’opinione pubblica su un quartiere che incarna un profondo disagio sociale e strutturale. Corvetto, conosciuto in passato come Gambaloita, è uno dei quartieri più popolari di Milano, dove nell’ultimo secolo sono stati costruiti numerosi complessi di edilizia pubblica per le fasce meno abbienti. Gli interventi di riqualificazione si sono tuttavia esauriti da tempo, e la concentrazione di povertà materiale, culturale e di sradicamento del territorio ha provocato un lento ma costante degrado della zona.

Spaccio e azzardo. Chi negli anni ha vissuto questi passaggi è Carlo Casiraghi, residente e volontario della parrocchia di San Michele Arcangelo e Santa Rita. “Il nostro è un quartiere di periferia, con un importante concentrazione di case popolari che riflettono il disagio sociale. Qui ci sono tanti, troppi appartamenti sfitti, e in una città con una fame abitativa come Milano è scandaloso. In situazioni simili, c’è chi si arrabbia e dice stupidaggini razziste, altri chiudono la porta a doppia mandata. Chi può cerca nel suo piccolo di darsi da fare, oppure cerca disperatamente di cambiare casa”. Ad aggravare le condizioni di Corvetto è il fenomeno dello spaccio. I residenti raccontano che la circolazione degli stupefacenti è una realtà esplicita della zona, senza che si riescano a fare progressi nel contrasto.

“Oggi – aggiunge Casiraghi – il famoso boschetto di Rogoredo, non molto lontano da qui, è stato riqualificato, ma vedo ancora molta fatica nell’affrontare la questione dello spaccio. Fino a che il problema non tocca da vicino, come la dipendenza di un parente, spesso si convive e si sopporta questo degrado”.

La dipendenza non è tuttavia limitata ai soli stupefacenti. Una fonte di rovina sentita è anche il gioco d’azzardo. La fascia più a rischio è rappresentata dai pensionati, che Casiraghi descrive nella maggior parte dei casi come persone sole, che vivono in monolocali disadorni e soffrono la solitudine. Rispetto ad altre categorie, la loro è una sofferenza poco rumorosa, ma che si trascina in condizioni igieniche e sanitarie sempre più precarie.

Non solo disagio. La realtà di Corvetto non è tuttavia esclusivamente sinonimo di disagio. Le comunità che popolano il quartiere hanno da tempo istituito anche alcuni presidi di legalità. Le parrocchie e le scuole, ad esempio, hanno accolto insegnanti ed educatori che tentano ogni giorno di educare i ragazzi alla cittadinanza attiva e alla sicurezza. La rete di doposcuola dei municipi 4 e 5 si sono dimostrate un’iniziativa di successo per contrastare l’abbandono scolastico.

“Con caparbietà e metodo – aggiunge Casiraghi -, cercano di lavorare con i più piccoli, aiutandoli nel fare i compiti e il prosieguo scolastico, uno dei requisiti fondamentali per essere dei buoni cittadini”.

Questi interventi sono stati possibili grazie a collaborazioni come QuBì, un progetto che dal 2017 ha collaborato con 415 realtà milanesi tra associazioni, parrocchie, onlus e altre istituzioni locali per contrastare la povertà minorile.

Investire sulla coesione sociale. Iniziative simili dimostrano come non tutti gli interventi siano uguali. Per Cristina Pasqualini, sociologa dell’Università Cattolica di Milano, è fondamentale che la riqualificazione di un quartiere non sia un investimento prettamente orientato sull’edilizia. A Milano molti quartieri sono stati oggetto di investimenti, che tuttavia hanno escluso gli aspetti sociali. Questo ha provocato la ‘gentrificazione’ del centro, che ha spinto nelle periferie le persone con meno risorse, spostando solo il problema più lontano.

“Corvetto non è diverso da molte altre periferie. Questi effetti indesiderati avvengono quando trasformi il quartiere in una zona di esclusività, senza investire su ciò che connota un territorio: case popolari, scuole, sedi associative e tutto ciò che offre un presidio”.

La social street. Pasqualini afferma che esistono già diversi tentativi di coesione sociale a Corvetto. Nel quartiere si è sviluppata, per esempio, una delle social street (dei gruppi social che aiutano gratuitamente il vicinato) più storiche di Milano, che ha costruito legami solidali anche nelle diversità sociali e culturali del quartiere. “Queste realtà – spiega Pasqualini -, così come i volontari, costituiscono i corpi intermedi che mediano tra le persone e le istituzioni. L’alleanza di queste entità rende più efficaci gli interventi dall’alto, perché li aiutano a indirizzare le risorse verso le necessità più urgenti delle comunità. Sostenendoli o fornendo loro le risorse per fare rete, non si disperde la fiducia riposta in loro, e nelle istituzioni, dai residenti”.

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