Minori. Melaragno: “Le case famiglia non strappano ma ricuciono i rapporti con i genitori”

Il lavoro di sinergia fra operatori sociali e istituzioni, necessario per consentire alle case che accolgono i minori a riprendere i legami con le famiglie, al centro del seminario della Fondazione “Protettorato San Giuseppe”

(Foto Elisabetta Gramolini)

Non luoghi di separazione, ma ambienti per la salvaguardia dei rapporti e tutela dei più piccoli. Nelle cronache, le oltre 3mila case famiglie che si contano in Italia sono spesso descritte come istituti con il compito di allontanare i minori da genitori che attraversano periodi di forte disagio sociale o economico. Ma la loro finalità è la creazione di un sistema dove tutti i soggetti coinvolti collaborano per ricostruire la relazione tra bambini e genitori. All’implementazione del ruolo delle case è dedicato il seminario, dal titolo “I luoghi di ricostruzione dei legami familiari. Tutela del minore, diritto di visita e di relazione”, promosso, il 27 novembre nella capitale, dalla Fondazione “Protettorato San Giuseppe”, nato oltre un secolo fa a Roma per accogliere le difficoltà della città.

“Troppo spesso la casa famiglia viene presentata e raccontata come luogo che divide e ‘strappa’ i figli ai genitori”, commenta la presidente della Fondazione, Elda Melaragno. “Il lavoro che noi facciamo ogni giorno va nella direzione diametralmente opposta: l’obiettivo è ricucire, riavvicinare, sostenere i minori e i loro familiari nel momento della difficoltà e della crisi che hanno reso necessaria la separazione. Grazie al lavoro di tutti i nostri professionisti e alle sinergie che abbiamo costruito negli anni, grazie soprattutto alla bella invenzione del centro per le famiglie, vediamo spesso i nostri bambini e i nostri ragazzi rientrare nelle loro case, con i loro genitori, divenuti più forti e consapevoli grazie al percorso compiuto”. Le fa eco Carla Garlatti, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza: “L’allontanamento – osserva in video collegamento – non è un istituto negativo perché serve al minore per ricevere sollievo”.

Gli strumenti e le strategie per favorire il recupero dei rapporti è dunque frutto di un lavoro di squadra fra professionisti e istituzioni, partendo dalla considerazione che le famiglie disfunzionali esistano ed è impossibile girarsi dall’altra parte. I casi di maltrattamento di cui sono vittime i bambini secondo diversi report sono in aumento in Italia. L’ultima indagine in ordine di tempo si basa sui dati del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della Polizia criminale che mostra come nel 2023 i reati a danno dei minori siano stati quasi 7mila (in media 19 al giorno), cresciuti del 35% negli ultimi dieci anni e dell’89% dal 2006.

Davanti ai numeri, la senatrice Paola Binetti, già membro della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori, si concentra sulle soluzioni offerte oggi dalle case: “Il bambino non impara nella teoria a voler bene ma lo fa nella ricchezza di un rapporto, per questo le case famiglia aiutano a ricostruire i legami”.

Chi si sofferma sulle attività della Fondazione, che solo a Roma ospita oggi 40 minori, è Massimiliano Maselli, assessore all’Inclusione sociale e ai Servizi alla persona della Regione Lazio. “Quello che mi ha colpito di più – afferma – è il circuito completo: si accoglie la persona fragile e si porta avanti un iter scolastico e universitario con l’obiettivo fondamentale dell’inclusione lavorativa. Ci sono nel Lazio tanti centri qualificati, ma ognuno lavora a compartimenti stagni, qui invece c’è tutta la filiera. È il modello di inclusione sociale che vorrei il Lazio seguisse”. Per l’assessore, “le istituzioni devono puntare all’affidamento familiare perché non c’è centro che possa supplire al rapporto con i familiari. La mia richiesta è aumentare le risorse e puntare alla sensibilizzazione e formazione dei familiari che possono accogliere il minore”. Nel Lazio “abbiamo portato da sei a 14 strutture dedicate al contrasto degli abusi, coordinati dal centro ‘Giorgio Fregosi’ di via dei Sabelli. Nella prossima legge di Bilancio ho chiesto di finanziare con tre milioni di euro la rete dei centri e nei prossimi giorni presenterò in giunta un nuovo Piano regionale per i servizi sociali 25-27, non prima di anticiparlo a tutti gli stakeholder per ricevere le osservazioni”. A riprendere l’idea del lavoro di squadra è infine Barbara Funari, assessore alle Politiche sociale e alla Salute di Roma Capitale, che ricorda come l’amministrazione abbia assunto nuove figure. “Da soli – precisa –, gli assistenti sociali non ce la possono fare. Possiamo attuare le politiche di intervento se l’azione di sistema coinvolge tutte le istituzioni. Solo a Roma, il nostro dipartimento ha 2000 tutele del sindaco che significano altrettanti minori da tutelare e far crescere, è un lavoro che ci trova quotidianamente impegnati”.

Altri articoli in Territori

Territori