“Una giustizia che ripara”: è questo il progetto portato avanti dall’Ufficio di pastorale carceraria della diocesi di Napoli, guidato da don Franco Esposito, nell’ambito del progetto sperimentale nazionale di giustizia riparativa, promosso da Caritas italiana, che ha coinvolto otto Caritas diocesane, attive nei rispettivi territori a promuovere percorsi di riconciliazione nelle carceri, nelle scuole, nelle comunità.
Il progetto a Napoli si è focalizzato sulla formazione dei volontari; su incontri nelle scuole e nelle comunità parrocchiali; su incontri nel Centro di pastorale carceraria e negli istituti penitenziari; su convegni rivolti a tutta la cittadinanza. Il corso di formazione sul nuovo paradigma della giustizia ripartiva, per la durata di 6 mesi attraverso incontri mensili, è stato rivolto sia ai volontari che già svolgono un servizio nella realtà carceraria sia per i nuovi volontari che per la prima volta si affacciano a tale realtà. Hanno partecipato 80 volontari, tra i quali sono stati individuati e selezionati 10 volontari formati ad hoc in giustizia riparativa per l’attività di sensibilizzazione sia negli istituti scolastici sia nelle comunità parrocchiali. Sono state 23 le scuole nelle quali sono stati promossi incontri periodici, con una parte dedicata alla giustizia riparativa e un’altra incentrato sul confronto e discussione con gli studenti. In un secondo momento, all’aspetto teorico si è accostato quello esperienziale con la partecipazione a circle-time riparativi, nei quali i ragazzi hanno incontrato soggetti in misura alternativa alla detenzione e gli ex detenuti seguiti dal Centro di pastorale carceraria di Napoli. Con le stesse modalità delle scuole si sono tenuti incontri all’interno delle comunità parrocchiali, anche se gli incontri sono stati in 3 parrocchie, rispetto alle 10 previste inizialmente nel progetto. Nel Centro diocesano di pastorale carceraria, che ospita circa 30 persone in affidamento ai servizi sociali in collaborazione con il Uiepe, gli incontri, condotti da facilitatori che già operano nel campo della giustizia riparativa, si sono avvalsi anche di testimonianze di membri del Coordinamento delle famiglie vittime innocenti della criminalità. Sono stati organizzati incontri anche nel carcere di Aversa e di Napoli-Poggioreale con gli operatori penitenziari; nonché al Provveditorato penitenziario della Campania. Non sono mancati due convegni rivolti a tutti, il 24 giugno 2023 e il 10 novembre 2023. Da tutti questi incontri, si legge nella relazione finale del progetto, “sono scaturiti delle curiosità nell’ascolto sia da parte degli studenti sia dei fedeli delle comunità parrocchiali, soprattutto quando gli incontri venivano realizzati con testimonianza di autori di reato e i familiari delle vittime innocenti della criminalità. In particolare, si è mostrato maggiore interesse alla conoscenza del nuovo paradigma della giustizia riparativa, facendo domande relative alla procedura, alle modalità dell’incontro tra il reo e la vittima offesa dal reato, nonché ai modi in cui il reo potesse riparare il danno. Tali incontri hanno portato dei cambiamenti nel modo di vedere la giustizia, una giustizia soprattutto umana volta alla consapevolezza da parte del reo del danno causato nonché alla riparazione dello stesso. In effetti, grazie a questi incontri, vi sono state riflessioni sulla loro esperienza personale, per alcuni c’è stata maggiore sensibilizzazione verso la Restorative Justice”.
“Anche se il progetto nazionale si è concluso, continuiamo l’attività con le scuole e le parrocchie perché abbiamo inserito questo progetto nazionale sulla giustizia riparativa in quelle che sono le nostre attività prevalenti, tra cui la sensibilizzazione al tema carcere”, dice al Sir Valentina Ilardi, psicoterapeuta, impegnata nella pastorale carceraria della diocesi di Napoli, esperta in giustizia riparativa e mediazione, referente per il progetto nazionale di giustizia riparativa, per la Caritas di Napoli. “Abbiamo già programmato appuntamenti da settembre con le scuole e dobbiamo insistere maggiormente con le parrocchie, ma già a fine mese abbiamo un nuovo incontro con una parrocchia. Ora – spiega Ilardi – il progetto va avanti, senza i fondi del progetto nazionale, quindi magari con tempi più lunghi, ma il nostro obiettivo resta creare le fondamenta – quando i tempi saranno maturi – per realizzare un centro di giustizia riparativa, oltre che comunità riparative e luoghi protetti dove poter attuare percorsi ristorativi”.
Intanto, “la sensibilizzazione e la formazione dei volontari restano nostre attività e ci sarà spazio anche per la giustizia riparativa”. Tra i 10 volontari formati durante il progetto, ce ne sono due che stanno seguendo un master universitario sulla giustizia riparativa. “L’impegno prevalente di questi 10 volontari formati sarà di fare da ponte con le scuole, con le parrocchie e Terzo Settore, per organizzare nuovi incontri. Gli incontri, infatti – racconta Valentina -, sono tenuti da don Franco Esposito, da me e dai volontari, anche con qualche testimonianza delle attività che svolgiamo anche in carcere. Tra i volontari ci sono anche persone componenti del Coordinamento delle famiglie vittime innocenti della criminalità, quindi le loro testimonianze sono molto utili, efficaci e significative”.
Il tema della giustizia riparativa nelle scuole è stato proposto anche come un fattore protettivo all’evasione scolastica e al fenomeno del bullismo. “A scuola con ragazzi e insegnanti abbiamo avuto un buon feedback. Partendo da questo dato positivo, durante il prossimo anno scolastico, con le stesse persone coinvolte finora negli istituti in cui abbiamo realizzato il progetto, faremo anche pratica concreta di giustizia riparativa su temi a loro vicini, come il bullismo”, rivela Ilardi.
Rispetto all’obiettivo di realizzare comunità riparativi e luoghi protetti dove poter attuare percorsi ristorativi come punti deboli incontrati si è evidenziata la mancata risposta nelle comunità parrocchiali, un fattore che ha ostacolato il susseguirsi del progetto, invece di 10 comunità parrocchiali previste nel progetto sono state raggiunte solo 3. “Le parrocchie sono un po’ più restie ma siamo riusciti a fare degli incontri, anche se non come volevamo strutturarli noi, cioè mirati con poche persone, per creare in ogni parrocchia un gruppo che potesse dedicarsi al tema e farsi portavoce delle istanze di giustizia riparativa. Noi avevamo l’obiettivo di realizzare comunità riparative e luoghi protetti dove poter attuare percorsi ristorativi nelle comunità parrocchiali, ma qui l’ostacolo è stato proprio che manca una sensibilità su questo tema. L’obiettivo resta, ma prima dobbiamo svolgere un’opera grande di conoscenza del tema, farlo entrare nella mentalità delle persone”, sottolinea l’esperta.
Gli incontri nel Centro di pastorale carceraria “sono riusciti molto bene, perché abbiamo mostrato casi di vita reale creando molto coinvolgimento nei partecipanti. Infatti, a questi incontri sono intervenuti sia detenuti in misure alternative, sia ex detenuti, sia vittime e familiari delle vittime della criminalità. Ognuno ha portato la sua testimonianza. Durante la formazione e durante gli incontri ci sono stati dei confronti tra chi ha commesso reati e chi li ha subiti, anche se non coinvolti direttamente nel medesimo caso, ma in vicende diverse. In futuro – anticipa Ilardi -, speriamo di realizzare dei percorsi di giustizia riparativa veri e propri con autori di reati e le loro vittime dirette, nei tempi giusti anche per il territorio, dove è fortemente radicato il pregiudizio verso chi delinque, per la presenza pervasiva della criminalità: l’elevato tasso di criminalità a Napoli infastidisce, c’è una fetta di popolazione che non tollera più questo stato di cose ed è così stanca dell’insicurezza e violenza in cui vive da non riuscire ad avere un’apertura verso la giustizia riparativa.
Bisogna preparare molto il terreno per arrivare a questo per combattere sfiducia, senso di impotenza verso la criminalità, pregiudizi”.