“L’altezza di precipitazione di 230 millimetri in sei ore a Velo d’Astico, in provincia di Vicenza, corrisponde a un Tempo di Ritorno di più 300 anni. Ovvero un fenomeno di tale intensità si presenta in media una volta ogni 300 anni. Non significa però, purtroppo, che dovremo attendere così tanto prima di rivedere questo tipo di evento. Questo potrebbe realizzarsi anche in tempi più brevi, perfino il prossimo anno, anche se con probabilità bassa. Il cambiamento climatico lo renderà un fenomeno purtroppo più frequente”. Se c’era bisogno di una ulteriore prova che il clima sta cambiando a velocità supersonica, ecco, la fornisce il professor Marco Marani, del Dipartimento Icea dell’Università di Padova. Mentre, nel tardo pomeriggio di giovedì 16 maggio, la pioggia cade ovunque in Veneto e le previsioni parlano di precipitazioni anche abbondantissime fino a notte inoltrata, si fa il punto della situazione. E si spera. Corsi d’acqua al limite, strade allagate, ponti indeboliti, cedimenti di argini… E nei centri abitati le cantine di tante abitazioni invase da acqua e fango…: sono alcune delle situazioni che ricorrono in gran parte del Veneto, ma soprattutto nel Veronese, nel Vicentino e nel Padovano.
Non c’è scappato il morto, non ci sono centri città invasi dall’acqua, ma la situazione è al limite. “È la conseguenza dei cambiamenti climatici, una cosa mai vista prima”, conferma il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che ieri mattina ha firmato il decreto per la dichiarazione dello stato di emergenza per avversità meteo. “Siamo di fronte – continua Zaia – a fenomeni di precipitazioni eccezionali.
L’apertura dei bacini di laminazione ha permesso di evitare un disastro.
Per la prima volta in Veneto stiamo utilizzando tutti e sei gli invasi creati proprio per difenderci da situazioni di precipitazione così intensa”.
I bacini che danno sfogo all’acqua che i fiumi non riescono a contenere si trovano nel Vicentino – a Montebello, Caldogno, Trissino, Orolo e Viale Diaz a Vicenza – e uno nel Veronese, quello della Colombaretta. “È stato il primo reale collaudo per alcuni di questi”, sottolinea il governatore. “In poche ore dal tardo pomeriggio di ieri (mercoledì per chi legge) l’Arpav e la Protezione Civile del Veneto hanno registrato precipitazioni record: nella zona Pedemontana Vicentina e Veronese c’è stata una media di 180 millimetri d’acqua, con punte di 230, in sei ore, appunto a Velo d’Astico. Nella serata di ieri (mercoledì, ndr) abbiamo attivato l’Unità di Crisi. Bombe d’acqua simili a maggio, in Veneto, non si erano mai viste”.
Così, mentre si incrociano le dita nella speranza che la pioggia nelle prossime ore non sia esagerata, arrivano anche le prime doglianze dal mondo produttivo. Gli agricoltori veneti, tra questi, hanno chiara la situazione. Ad avere la peggio – dicono già oggi – sono le coltivazioni estensive come il frumento, le cui piante sono state allettate dal vento forte e dalla pioggia battente mentre, per chi era riuscito a seminare il mais, ora il rischio è di perderlo per l’asfissia del terreno completamente sommerso dall’acqua. Del tutto inaccessibili, inoltre, sono i terreni per la semina della soia: “Chi non è riuscito a seminare finora – dicono dalla Coldiretti, guardando il cielo – difficilmente riuscirà a farlo a breve, considerate le condizioni di allagamento dei terreni”.
Ma il problema numero uno resta che il dramma non si trasformi in tragedia. E il problema numero due consiste nel fatto che sempre più urge prendere misure che consentano di mitigare le conseguenze di un clima già molto cambiato e che ancora di più cambierà: alluvioni, periodi siccitosi, caldi intensi e prolungati, punte di freddo polare e altri eventi estremi torneranno con maggiore frequenza, in alternanza ripetuta. Bisogna trovare il modo di conviverci.
(*) “Gente Veneta”