A Roma la Giornata diocesana delle famiglie: forza, bellezza e incontro

Circa duecento famiglie hanno partecipato alla Giornata diocesana delle famiglie svoltasi al Santuario della Madonna del Divino Amore a Castel di Leva. L'evento, intitolato "Famiglia è...", ha offerto un'occasione di riflessione sulla forza, la bellezza e l'importanza della famiglia

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

Ricordare momenti in cui la pazienza è stata determinante per il raggiungimento di un obiettivo; riflettere sulla bellezza emersa anche in situazioni difficili; testimoniare l’energia che nasce dal desiderio di incontro e dal coraggio di aprirsi agli altri. Sono alcuni spunti di riflessione offerti nei laboratori di gruppo svoltisi sabato 4 maggio al Santuario della Madonna del Divino Amore, a Castel di Leva, in occasione della Giornata diocesana delle famiglie. Circa duecento i nuclei che hanno partecipato a un’intensa esperienza di meditazione e condivisione, arricchita da momenti di gioco e animazione per i più piccoli organizzati dagli educatori di Animatema di Famiglia, metodo di animazione con la famiglia, nato anni fa nel corso di alcuni convegni dell’Ufficio nazionale Cei del settore.


(Foto Siciliani – Gennari/SIR)

La Giornata è stata aperta dall’intervento del vescovo ausiliare Dario Gervasi, delegato per l’ambito della Cura delle età e della vita, il quale, partendo dalla Bibbia, ha offerto una relazione teologica che ha permesso di individuare la radice profonda che nutre la famiglia e la sostiene nella sua missione. “Al cuore di ogni famiglia c’è una promessa che alimenta la sua forza – ha affermato mons. Gervasi -. Questa promessa si declina in due aspetti fondamentali. Il primo è il patto matrimoniale. In secondo luogo, la profondità della promessa familiare si radica in un piano ben più grande, quello divino. Come sottolinea la Lettera agli Efesini, la famiglia non è solo un’unione umana, ma riflette un mistero più profondo: la presenza di Cristo nella coppia”. Questa duplice promessa infonde alla famiglia una forza che supera le sue stesse forze. “La fedeltà e la dedizione richieste dal matrimonio – le parole del vescovo – non sono solo un impegno umano, ma traggono vigore dalla sorgente divina. La coppia cristiana è chiamata ad attingere a questa forza inesauribile per affrontare le sfide della vita familiare”. La Lettera di San Paolo agli Efesini, ha ricordato Gervasi, “delinea lo stile di vita cristiano come caratterizzato dalla sottomissione reciproca, che a prima vista potrebbe sembrare un paradosso. Tuttavia, questa sottomissione non è sinonimo di dominio, bensì di un amore reciproco che si riflette in Cristo”. Per il vescovo oggi, più che mai, questo messaggio risuona con forza. “La grazia e l’accoglienza sono valori fondamentali da riscoprire, soprattutto all’interno della coppia – ha proseguito -. La vera forza di una coppia non risiede in fattori esterni, ma bensì nella sua interiorità. La fede può essere una guida preziosa per coltivare questa forza interiore”.

La Giornata, intitolata “Famiglia è….”, è stata promossa dall’Ufficio per la pastorale familiare del Vicariato in sinergia con il Servizio diocesano per la pastorale delle persone con disabilità e in collaborazione con l’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia e del Servizio nazionale Cei per la pastorale delle persone con disabilità. Padre Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei, ha osservato che l’incontro di sabato si proponeva anche “di esplorare il prezioso potenziale che le famiglie con un parente disabile possono offrire alla società. Le persone con disabilità – ha detto -, con le loro esigenze e sfide specifiche, ci spingono ad acquisire nuove competenze relazionali che non solo migliorano la nostra interazione con loro, ma si rivelano utili nel rapporto con tutti. Imparare a comunicare in modo semplice e chiaro per interagire con una persona disabile ci aiuta a sviluppare un linguaggio più accessibile e inclusivo, applicabile in contesti diversi, come la comunicazione con anziani o stranieri. Le famiglie con disabilità custodiscono quindi un bagaglio di competenze preziose che facilitano l’integrazione, l’accoglienza e l’ospitalità”. Il sacerdote ha quindi invitato a riconoscere i nuclei con familiari disabili “risorse preziose” perché portatrici di competenze specifiche. “Il loro modo di ascoltare ci insegna ad essere più empatici – ha concluso -, la loro cura ci ispira a prenderci cura degli altri con dedizione”.

Carmela, della parrocchia dei Santi Martiri dell’Uganda, conosce bene il tema. Ha parlato della personale esperienza di genitore di un figlio disabile. “In questi casi – ha detto – la famiglia sa che dovrà sempre affrontare difficoltà enormi, che tutta la famiglia diventa disabile. Se si riesce ad essere coppia tutto diventa un po’ più facile. Sapersi ascoltare, sapersi dare, accettare quello che l’altro può offrire, consente di andare avanti passo dopo passo. È importante imparare a condividere, educarsi ad affrontare le difficoltà”. Lo psicoterapeuta Sergio Astori, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha elaborato un resoconto dettagliato avvalendosi di un metodo scientifico, esaminando minuziosamente le fasi e i mutamenti che si possono osservare nell’arco di vita di un nucleo familiare, traendo spunto dal miracolo della guarigione della suocera di Pietro narrato nei Vangeli. “I gesti della cura che trasformano la famiglia sono determinati e determinanti – ha affermato -. Bisogna avere riguardo uno dell’altro, mantenere il contatto, suscitare il risveglio. La chiusura nel proprio male è superata, anzi si risolve nell’apertura all’altro. Ci si rimette in piedi esprimendo la gratitudine di quanto ricevuto nella forma della gratuità. L’attenzione, l’assistenza e la competenza, sacrosanti nelle azioni sanitarie, non bastano a saldare i rapporti più intimi: in famiglia occorre prendersi cura senza che l’altro neppure se ne accorga. Occorre disegnare percorsi di ristabilimento che non mirino solo al superamento del deficit ma abilitino le competenze di soccorso degli altri proprio da parte di chi è riconosciuto più fragile”.

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