La mattina di lunedì 22 aprile a Milano sono stati arrestati 13 agenti della Polizia penitenziaria dell’Istituto penale per minorenni “Cesare Beccaria”. Di altri otto il giudice per le indagini preliminari ha chiesto la sospensione. I poliziotti sono accusati di aver commesso violenze e maltrattamenti su alcuni detenuti minorenni. La notizia è stata resa nota con un comunicato dalla Questura di Milano, a cui ha fatto seguito una conferenza stampa in cui sono stati spiegati i dettagli dell’operazione. Tra gli arrestati, 12 agenti erano attualmente in servizio nella struttura. L’ordine di custodia cautelare è stato disposto a seguito di un’indagine condotta dal 2022 dalla Procura di Milano, che avrebbe rilevato violenze ripetute.
Maltrattamenti, omessa denuncia e tentato abuso sessuale. Le accuse rivolte agli agenti sono molteplici: tra i principali reati contestati c’è il maltrattamento contro minori. Ad alcuni agenti è attribuita anche l’omissione di denuncia, dato che sarebbero stati a conoscenza del presunto fatto. I reati sarebbero inoltre aggravati dalla minore capacità di difesa dei detenuti e dall’abuso di potere. Secondo quanto riportato, gli agenti sono accusati di concorso nei reati di tortura, lesioni e falso ideologico, nonché di un tentato abuso sessuale nei confronti di un detenuto.
“Fatti che lasciano storditi”. Il cappellano del Beccaria, don Claudio Burgio, commenta così la vicenda: “È una pagina triste. Se i fatti verranno accertati siamo di fronte a situazioni che ci sgomentano e ci lasciano interdetti, perché purtroppo era impensabile una cosa del genere. Si sa da anni che le carceri e il ‘Beccaria’ vivono una situazione di difficoltà per tanti motivi, come l’organico sotto-dimensionato degli agenti di Polizia penitenziaria. Molti agenti sono giovani e alla loro prima esperienza”. Burgio descrive la complessità nel gestire chi arriva oggi al “Beccaria”: “Ci sono minori stranieri non accompagnati che ancora non parlano bene la lingua italiana, non capiscono dove si trovano e sono particolarmente sofferenti. Ci sono tanti ragazzi di seconda e terza generazione, oltre a italiani di buone famiglie. Il disagio adolescenziale è molto trasversale; alcuni presentano patologie, almeno agli esordi, che non andrebbero esattamente gestite in un carcere. Senza dimenticare coloro che consumano sostanze stupefacenti. Il conflitto, l’aggressività e la violenza sono purtroppo situazioni che accadono quotidianamente dentro il carcere. Questi fatti ci lasciano però storditi. Avevamo appena iniziato un periodo di miglioramento grazie anche all’arrivo del nuovo direttore, Claudio Ferrari, un direttore finalmente stabile dopo tante reggenze. Questi fatti penalizzano un lavoro che era iniziato e che noi ci auguriamo possa essere promettente, proprio perché non si verifichino più fatti di questo genere”. Secondo don Burgio, sulle condizioni delle carceri italiane sarebbe necessario un dibattito: “Andrebbe affrontato nelle sedi opportune, perché l’ambiente carcerario non riesce più ad affrontare le situazioni dei reclusi in contesti così sovraffollati e degradati, e perché molte carceri – non solo minorili, ma soprattutto degli adulti – sono davvero ambienti invivibili, al limite della dignità umana”.
La conferenza della Procura. “Questa vicenda rappresenta una dolorosa e brutta pagina per le istituzioni, ma vanno assicurati il controllo della legalità e il rispetto della legge”. Lo ha detto il procuratore di Milano, Marcello Viola, alla conferenza stampa indetta dalla Procura per illustrare l’operazione, le cui indagini sono state condotte congiuntamente da Polizia di Stato e Polizia penitenziaria. Alla conferenza sono state segnalate anche le modalità con cui sarebbero avvenute le violenze, contraddistinte “con uso di bastoni e coi ragazzi che venivano ammanettati dietro la schiena- ha spiegato la pubblico ministero Cecilia Vassena – cosicché, come hanno raccontato loro stessi, non potessero difendersi”. “Quello che ci aveva colpito fin dal primo momento – ha proseguito il procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella – era il metodo utilizzato da queste persone, deviate dal sistema, in modo tale da non lasciare il segno. Questo dimostra che è sempre più necessario avere personale adeguato, che capisca come reagire alla violenza e alla eccessiva vivacità dei ragazzi che si trovano in queste situazioni di carcere minorile”. Come descritto dalla Pm di Milano Rosaria Stagnaro, le presunte violenze sarebbero avvenute in alcune celle prive di telecamere, descritte dai detenuti come “di isolamento”. L’indagine ha avuto origine dalle segnalazioni alle autorità giudiziarie anche del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, che ha ricevuto denunce da parte di madri di detenuti, psicologhe ed ex carcerati. Le indagini sono state condotte tramite intercettazioni e telecamere installate all’interno del “Beccaria”, che avrebbero raccolto le prove di reato relative alle violenze.
(L’articolo è uscito originariamente sul portale Chiesa di Milano)