Riseminare la fraternità: quest’obiettivo ha accomunato il cammino delle Chiese sorelle di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, unite in persona Episcopi, mons. Domenico Sorrentino, nel secondo anno di Cammino sinodale.
“Fraternità attraverso le piccole comunità: per ri-seminare la fraternità portando Gesù nelle case” è il tema affrontato nel Cantiere sinodale della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. “Per comprendere il percorso sinodale universale di questi ultimi due anni dobbiamo volgere lo sguardo indietro nel tempo quando, nel 2012, nella diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino è iniziato il cammino del Sinodo diocesano indetto dal nostro vescovo Domenico Sorrentino dopo una visita pastorale alla diocesi”, al termine del quale, racconta fr. Emanuele Gelmi, referente del cammino sinodale diocesano, “il vescovo ha infine consegnato all’intera comunità diocesana il libro contenente i decreti sinodali quale orientamento e norma sui vari aspetti della vita pastorale e per promuovere il rinnovamento e lo slancio pastorale. È seguita una seconda visita conclusasi il 30 ottobre 2022”. In questo contesto di Sinodo svolto e vissuto da poco, prosegue il religioso, “abbiamo accolto con gioia l’iniziativa dei vescovi di un Sinodo universale che declinava le parole di Papa Francesco: ‘Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio’”. Fr. Gelmi evidenzia: “Ci siamo resi conto come il Cammino sinodale già fatto aveva portato i suoi benefici.
Si è colto come segno forte dello Spirito il fatto che – a fronte di un grande desiderio di una Chiesa plasmata sul modello familiare emerso anche dalla nostra sintesi del primo anno – la diocesi già da dieci anni aveva avviato un progetto di rinnovamento attraverso le Comunità Maria Famiglie del Vangelo, pienamente corrispondente alla proposta del secondo Cantiere sinodale ‘l’ospitalità e la casa’. Il modello di questi gruppi è la prima comunità cristiana che si ritrovava nelle case, la loro specificità è il ritrovarsi intorno al Vangelo nelle abitazioni, rendendo lì presente la comunità ecclesiale, per poi ritrovarsi insieme la domenica per la celebrazione eucaristica parrocchiale. Il piccolo numero da cui sono composte (8-10 persone) consente di condividere e fare esperienza comunitaria della Parola, crescere in scelte di vita e di amore fraterno e sostenersi nelle fatiche”.
La proposta del secondo anno del Sinodo universale, precisa fr. Emanuele, “è stata rivolta innanzitutto a chi partecipava già attivamente al progetto diocesano delle Comunità Maria Famiglie del Vangelo e poi alle aggregazioni laicali sia prese nei loro ambiti specifici che coinvolte insieme, con l’attenzione e l’apertura costante a tutti”. Il religioso afferma:
“Abbiamo sperimentato che il processo sinodale ci incoraggia e spinge a maturare nella reale e profonda capacità di ascolto, di cui parte necessaria è fare veramente il vuoto dentro di sé per accogliere quanto lo Spirito sussurra in noi e viene espresso da tutti i compagni di cammino, anche da coloro che di fatto rischiamo di non tenere presenti. Questo tempo speciale ha certo permesso di diventare maggiormente consapevoli e responsabili, sperimentando di più e meglio il metodo nelle strutture sinodali già presenti e attive nella nostra diocesi”.
Il Cantiere dedicato a “Una preghiera per ri-evangelizzare le case – Piccole comunità per ri-seminare la fraternità”, affrontato nella diocesi di Foligno, dice la referente per il Cammino sinodale, Ortensia Marconi, “è aperto fin dal primo anno della fase di ascolto: siamo stati interpellati sia dalla situazione esistenziale della famiglia, caratterizzata da grande sofferenza e disagio, sia dalla necessità di recuperare la dimensione affettiva e familiare all’interno delle nostre comunità”. Ed “è emersa in maniera significativa la richiesta che la famiglia diventi, allo stesso tempo, uno degli ambiti prioritari della missione della Chiesa diocesana e soggetto di missione. Richiesta che ha trovato prontamente riscontro da parte del vescovo, mons. Domenico Sorrentino, dapprima nella lettera pastorale, ‘Vangelo, Famiglia, Giovani. La nuova frontiera della missione’ e successivamente nella proposta per la pastorale della diocesi e delle parrocchie in una prospettiva di rinnovamento fondata sul ‘principio-famiglia’ che è lo stesso insegnato da Gesù: rapporti ‘tu-a-tu’, nella logica del ‘volto’, che sono essenziali all’essere famiglia”.
Le “Famiglie del Vangelo”, percorso individuato dal vescovo come “strutturalmente missionario”, “attendono di diventare realtà e rappresentano il processo che la diocesi vorrebbe far crescere nei prossimi anni”. Allo stesso tempo invitano ad
“allargare lo spazio della nostra tenda” con particolare “attenzione alla disabilità e al lavoro”.
Per la prima, il progetto diocesano di evangelizzazione “Dopo di noi”, spiega la referente del Cammino sinodale, “si sviluppa quale risposta al bisogno della persona con disabilità priva del sostegno familiare di vivere e realizzarsi con una famiglia che la accolga riconoscendone dignità, abilità e specificità. È la strada per promuovere un processo di ‘fecondità allargata’ che diventi per le nostre parrocchie e associazioni possibilità concreta di vivere e praticare in modo reale e quotidiano la solidarietà, la prossimità e l’inclusione e, allo stesso tempo, preziosa occasione di evangelizzare la disabilità e lasciarsi evangelizzare dalla fragilità e dalla precarietà di questi fratelli e sorelle”. Per il secondo (il lavoro), l’annuale assemblea diocesana ha promosso una riflessione “affinché al Vangelo della casa si affianchi il Vangelo del lavoro ponendo lo sguardo dentro le dinamiche della vita, del territorio, dell’economia, della politica”.
Nella diocesi Orvieto-Todi al centro del secondo anno del Cammino sinodale è stato il Cantiere del futuro e della speranza. “La diocesi di Orvieto-Todi ha appaltato il quarto cantiere ai giovani, perché lo scorso anno era emersa una riflessione sincera, appassionata, lucidamente critica, ma anche piena di amore per la chiesa, da parte del gruppo giovanile diocesano. Il verbo ‘appaltare’ è stato suggerito dal nostro vescovo, mons. Gualtiero Sigismondi, per sottolineare che i protagonisti del cantiere erano i giovani, che si sarebbero mossi autonomamente. E c’è stato anche un gesto concreto di affidamento del Cantiere, l’incontro della Scuola della Parola durante l’Avvento”, racconta Michela Boccali, referente diocesana del Cammino sinodale.
“L’esperienza del quarto Cantiere si è focalizzata sulla testimonianza che i giovani della nostra diocesi si trovano a dare negli ambienti che abitano e sentono propri. Ma come interfacciarsi nelle realtà laiche, talvolta atee, del lavoro, delle associazioni, dello sport, non mascherando la propria identità di figli amati? Questa è stata la domanda cardine che, attraverso la modalità della conversazione spirituale tra giovani provenienti dalle diverse realtà presenti sul territorio, ha permesso di individuate le caratteristiche dell’atteggiamento dei testimoni credibili: ci vuole uno sguardo avvolgente, cattolico, ampio, quello di una Chiesa con una maternità da allargare; un avvicinarsi all’altro con discrezione, con una domanda e non con una risposta, ma con fierezza e coraggio, eliminando la paura di non essere all’altezza, poiché Dio non sceglie i capaci, ma ci rende capaci nelle situazioni della nostra vita”, osserva Boccali. È emersa anche “la necessità di aggiornare le modalità comunicative, perché molto spesso l’immagine che i giovani si trovano a dover smontare è quella di una Chiesa avulsa dalla società ed arroccata nelle proprie certezze, che sicuramente non parla la loro lingua, tantomeno quella dei coetanei esterni.
La Chiesa che sognano i nostri giovani è invece una Chiesa viva, che sappia parlare un linguaggio contemporaneo, che si ponga le questioni più spinose, sempre con uno sguardo aperto agli ultimi e alle povertà del reale.
Sognano una Chiesa meno clericale, in cui la loro voce venga ascoltata di più”. I giovani hanno infine raggiunto le varie realtà sociali in cui singolarmente sono coinvolti, attraverso delle interviste provocatorie con la domanda “Credi che la Chiesa possa avere un ruolo nel processo formativo dei giovani? E nella realtà che rappresenti?”. Questo processo, non ancora concluso, “mostra già alcuni frutti, soprattutto nella ritrovata creatività e spinta a lavorare con particolare attenzione nel mondo scolastico, in cui spesso l’insegnamento di religione sortisce l’effetto di una contro-testimonianza poco credibile”.
Inoltre, nel lavoro del Cantiere della strada, “l’equipe diocesana si è resa conto di un possibile e fecondo sviluppo futuro tra il secondo e il quarto Cantiere. Gli amministratori comunali cattolici ascoltati hanno segnalato una solitudine e un abbandono da parte della comunità ecclesiale e al tempo stesso hanno espresso il bisogno di accompagnamento, perché l’impegno in prima linea rischia di prosciugare le fonti e le motivazioni profonde; d’altro canto, i nostri giovani sono attratti da ‘testimoni’, persone che vivono ciò in cui credono, pur sbagliando e facendo errori. Per avvicinare i giovani alla politica, c’è bisogno di incontrare chi lavora, come lavora e perché lo fa. E avere dei giovani da incontrare, viceversa, significa dare futuro e senso all’impegno politico degli amministratori”. In questo contesto, conclude Boccali,
“si pensa di avviare, dal prossimo anno, l’esperienza della ‘cattedra dello statista’”.