Nel nord del Mozambico, enorme Paese nel sud-est del continente africano, dal 1948 è attiva una missione di padri comboniani. E da una ventina d’anni la diocesi di Verona manda propri sacerdoti nel distretto di Namahaca, oltre alla presenza di laici fidei donum. È in questo lembo d’Africa che è volato il vescovo scaligero, mons. Domenico Pompili, in una lunga visita pastorale che – con la “scusa” di salutare i suoi due sacerdoti (don Fabio Gastaldelli e don Francesco Castagna) – ha in realtà avuto l’obiettivo di prendere contatto con le comunità cattoliche locali, distribuite in 75 parrocchie in un territorio assai vasto (e assai decentrato da tutto).
“Sto conoscendo una Chiesa giovane ma effervescente, così com’è giovane ed effervescente questo Paese – ci racconta da lì mons. Pompili –. Dopo la dominazione coloniale portoghese, il Mozambico aveva iniziato un suo percorso di crescita interrotto da una lunga e sanguinosa guerra civile. Ora che il cielo sembra rischiararsi, soprattutto qui nel Nord accadono attentati di matrice jihadista fatti da terroristi stranieri, con il compito di seminare divisione e terrore. Mentre ho toccato con la mia mano il clima di collaborazione e di convivenza che esiste tra la comunità islamica, qui maggioritaria, e quella cattolica”. Ricordiamo che in questa zona fu assassinata l’anno scorso la religiosa comboniana vicentina suor Maria De Coppi, alla tomba della quale il vescovo ha fatto visita.
Mons. Pompili ha visto di persona ben altre situazioni che testimoniano comunque le difficoltà che vive la popolazione: dalle miniere d’oro a cielo aperto dove donne e bambini cercano il metallo a mani nude, alla condizione di strade che sono definibili tali giusto perché ci può passare faticosamente un automezzo, fino alla generale povertà di un po’ tutta la popolazione.
Ma ha anche visitato il convitto femminile che le suore comboniane tengono a Nacala per 44 ragazze; il centro nutrizionale creato per dare supporto alle giovani mamme; la grande partecipazione dei laici per far crescere una Chiesa locale che non può certo permettersi un sacerdote in ogni parrocchia. “E l’enorme cuore di persone che non hanno niente, ma te lo offrono comunque: a un offertorio si sono presentate centinaia di persone, ognuna delle quali portava in dono qualcosa, fosse anche un bottone o un frutto…”.
Il vescovo di Verona descrive il grande desiderio che ha trovato di cambiamento, di ricerca di un futuro migliore, “in una società che vive in una dimensione ben diversa rispetto alla nostra, che per certi aspetti sembra l’Italia di un secolo fa, ma dove trovi pure smartphone, connessione internet, insomma il nuovo che avanza”.
Il Covid aveva reso tutto più difficile al cordone ombelicale che lega la Chiesa locale a quella italiana, a quel mondo di tanti laici che, se possono, vanno già a dare una mano e, se non possono, si mettono assieme per raccogliere fondi e vari tipi di aiuto. Finché ce ne sarà bisogno, nella speranza che il futuro di Namahaca, del Mozambico, di tutta l’Africa sia quello di essere la parte più viva e vitale di questo pianeta.