È una corsa contro il tempo per cercare di salvare il salvabile e non rischiare danni maggiori quella attualmente in corso nelle zone alluvionate dell’Emilia Romagna. Dopo aver aspirato l’acqua con le idrovore o aver fatto defluire l’acqua, ora bisogna sbrigarsi per fare in modo che il fango non diventi duro come il cemento e intasi le fogne, facendo saltare tutto il sistema. Occorre aiutare gli anziani soli a liberare case, trovare nuovi alloggi, organizzare l’animazione estiva per i bambini e i ragazzi, pensare a forme di microcredito per venire incontro a tutti coloro che hanno perso il raccolto o il lavoro. È questa la situazione che ha trovato oggi a Faenza don Marco Pagniello, direttore di Caritas italiana, in visita nelle zone alluvionate insieme al vescovo di Faenza-Modigliana mons. Mario Toso, al delegato regionale Mario Galasso e ad altri operatori della rete Caritas. Durante l’incontro è stato fatto il punto della situazione con i direttori delle Caritas delle cinque diocesi maggiormente colpite: Cesena-Sarsina, Faenza-Modigliana, Forlì-Bertinoro, Imola e Ravenna-Cervia. E decise alcune priorità per i prossimi mesi.
Cosa avete visto? Qual è la situazione in quei territori?
Abbiamo visto l’impegno di una intera comunità che si è messa a fianco delle famiglie alluvionate per aiutarle nei lavori materiali, dallo spalare il fango allo svuotare le case. Le persone sono scoraggiate, soprattutto quelle che hanno subito due alluvioni. Se prima avevano avuto la forza di reagire ora hanno perso un po’ di speranza. Alcune persone erano felici per essere riuscite a salvare delle foto, dei ricordi. La mamma di due bimbi ci ha detto: possiamo ricomprare i mobili ma i ricordi no. C’è tanta gente che si sta dando da fare, tanti volontari. Ora stiamo pensando a come organizzarci meglio per garantire una presenza costante nelle prossime settimane. Ad esempio ci sono alcuni anziani soli che vanno aiutati a liberare le case.
Cosa vi hanno chiesto le persone colpite dall’alluvione?
Di non lasciarli soli. La grande macchina della Protezione civile ha fatto un lavoro enorme ma tra un po’ andrà via e loro hanno paura di rimanere soli. Invece la Caritas, che come Chiesa abita il territorio, ha assicurato la sua presenza oggi e nei prossimi tempi. Le Caritas diocesane si stanno organizzando per pensare strumenti e modalità per essere vicini alle persone.
Quali modalità, in particolare?
Forme di microcredito sociale, alloggi da mettere a disposizione, facilitare la ricerca di appartamenti e il trasferimento di anziani e persone sole nei nuovi luoghi di vita.
Poi c’è tutta l’attività in estate per non lasciare sole le persone e se necessario, aiutarli ad elaborare quanto vissuto. Dai loro racconti emerge infatti una grande paura nell’aver visto questa valanga d’acqua che si sono ritrovati dentro casa. C’erano case completamente sventrate, da ricostruire completamente.
La Caritas ha grande esperienza di intervento nei terremoti. L’alluvione è una emergenza diversa. Quali sono le principali sfide?
Sì. Con i terremotati si sa che le cose andranno avanti per diverso tempo e quindi si prospettano soluzioni a lungo termine. L’alluvione è invece una corsa contro il tempo per fare in modo che il fango non diventi cemento rischiando di far saltare tutto il sistema fognario.
La grande sfida sarà assicurare l’ordinario.
Qualche parroco diceva che le attività dell’oratorio, del Grest, degli scout, questa estate saranno ancora più necessarie. Poi c’è il tema del lavoro. Le piccole aziende agricole rischiano di non raccogliere i frutti del loro lavoro e chi lavora nelle campagne di ritrovarsi senza una occupazione. Non si sa ancora se e quando arriveranno forme di sostentamento pubblico. Per ora hanno bloccato i mutui e le bollette. Siamo in una fase in cui è ancora difficile calibrare il nostro servizio però come sempre ci siamo per i più poveri e per non lasciare sole le persone. Grazie alla grande generosità della comunità cristiana si potranno fare opere concrete per aiutarle.
C’è stata una risposta generosa da parte della comunità cristiana?
Non abbiamo un esito delle raccolte perché non abbiamo indetto una vera colletta nazionale. Però le diocesi hanno ricevuto tante donazioni, anche di prodotti alimentari. A livello nazionale stiamo raccogliendo e vagliando le disponibilità. C’è poi
il finanziamento della Cei di 2 milioni di euro che utilizzeremo come fondo da mettere a disposizione per il microcredito sociale.
Il grande lavoro per noi arriverà tra un po’.
Le case alluvionate dovranno essere rese di nuovo agibili e non sarà facile.
Sì, bisogna avere il tempo di lasciarle asciugare e rifare il pavimento, gli intonaci, gli impianti elettrici, gli esterni. C’è un grosso lavoro da fare. Purtroppo quando c’è un terremoto si vede subito se una casa non è agibile. Per l’alluvione è diverso.
Le diocesi hanno accolto molti sfollati?
Gli sfollati sono presso parenti, amici, strutture comunali.
La diocesi di Faenza ha messo a disposizione un convento, case canoniche, strutture di accoglienza.
Ora le Caritas devono fermarsi un attimo e mettere in fila le priorità per i prossimi mesi, mentre proseguono la distribuzione dei beni di prima necessità, soprattutto prodotti per l’igiene, che servono tanto. Abbiamo chiesto un censimento delle accoglienze nel mondo cattolico, ci verrà fornito nei prossimi giorni.