“È difficile raccontare il dramma se non ci si va di persona. Ho provato a descrivere la situazione a Papa Francesco che ieri all’Assemblea della Cei ha voluto incontrare i vescovi delle diocesi più colpite della Romagna, Forlì, Faenza, Cesena e Ravenna per manifestarci la sua vicinanza e preghiera”: mons. Livio Corazza è il vescovo di Forlì, una delle zone maggiormente colpite dalle inondazioni. Anche lui è rimasto isolato per un paio di giorni a causa dell’alluvione, nel seminario dove vive, senza energia elettrica. “Isolati, non abbandonati – tiene a precisare -. Sapevamo che la solidarietà dei fratelli non sarebbe mancata”.
“Tin Bota”. Al Sir fa il punto della situazione nel territorio e ripete un detto romagnolo “Tin Bota” che significa, tenere botta, non mollare, “ed è quello che la popolazione sta facendo. L’acqua ci ha colpito ma non ci ha vinto. Ci ha scossi ma non piegati”. E poi rivela: “Non volevo lasciare la mia diocesi per venire all’assemblea della Cei, ma è stata la mia gente a dirmi di andare. Io provengo dal Friuli, da Pordenone, una terra che ha subìto disastri come il Vajont, i terremoti e sappiamo bene che in questi momenti abbiamo bisogno di tutti. La risposta della gente è incredibile”. Per questo motivo mons. Corazza parla di “un impasto di fango e di speranza.
Il fango è tanto, il danno è enorme ma la speranza non viene meno.
Dobbiamo puntare su questa resilienza che è motivo di speranza. Siamo consapevoli – sottolinea – che i tempi saranno lunghi e che è necessario che lo Stato e la Comunità, non solo forlivese e romagnola, si impegni in sforzi di tutela e di programmazione. Ora è il momento della solidarietà e della preghiera, poi verrà quello della riflessione per assumere con decisione stili di vita compatibili con il rispetto dell’ambiente. Circa la fragilità del territorio qualche responsabilità c’è. Bisogna fare di più”.
Tragedia e consolazione. “Sono giorni in cui il sapore della tragedia si mischia a quello della consolazione, due sapori molto forti, due sentimenti contrastanti – continua il presule -. La tragedia: domenica ho celebrato ai Romiti, nel teatro parrocchiale di via Firenze, per manifestare vicinanza alla popolazione del quartiere forlivese più colpito dall’alluvione. Abbiamo pregato per le vittime, una di loro, Vittorio, è morto sopraffatto dall’acqua mentre cercava di mettere in salvo alcuni animaletti domestici. Ci sono migliaia di sfollati, le strade sono piene di mobili e arredi oramai marci. Le case sono state svuotate. Nelle vallate ci sono zone isolate da frane, intere strade sono collassate e scivolate a valle. Queste andranno rifatte prima possibile”. Poi la consolazione: “Accanto alle macerie si muove una folla di giovani e meno giovani sporchi di fango, armati di badili e di stivali, che da giorni lavorano senza sosta. Ognuno sentiva la casa degli altri come la propria e questo è consolante”. Mons. Corazza racconto un episodio: “ieri, in Seminario, completamente allagato nelle cucine, nelle celle frigorifere e nella biblioteca sono arrivati circa 200 volontari, reclutati attraverso i social, per recuperare un migliaio di cinquecentine, libri antichi, vera memoria storica della nostra città, Forlì. Libri da trattare con cura e per questo ai volontari è stato fatto un piccolo corso ad hoc”. Anche la Chiesa, nel suo specifico, sta facendo la sua parte. “Scout, Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, coordinati dalla Caritas diocesana, sono al lavoro per venire incontro ai bisogni delle famiglie più vulnerabili, una cinquantina quelle seguite da Cl. L’Azione cattolica in particolare è venuta all’Emporio della solidarietà allagato per spalare acqua e fango, gli scout, a nome del Comune e in sinergia con la Protezione civile, hanno organizzato la raccolta dei beni di prima necessità. Sono tutti segni di consolazione” ribadisce l’arcivescovo. “Solo la fraternità ci può salvare, come stiamo dimostrando. E come hanno dimostrato dieci giovani islamici che, guidati dal presidente delle comunità islamiche di Forlì, sono venuti a spalare la melma in seminario e nella sede del Comitato per la lotta contro la fame nel mondo”.
“Dov’è il Signore?” “È tutta qui, in questi gesti, la risposta alla domanda che ci assale davanti tragedie come questa: dov’è il Signore? Il Signore c’è nei volontari che camminano nel fango con le pale in mano per aiutare gli altri. Non si sono abbattuti. Il Signore, come ricorda la Bibbia, non è nel terremoto, nel vento forte ma nella brezza leggera. Il Signore non è nel male, nella tragedia, ma nella speranza, nella fiducia, nel bene e nell’amore di tanta gente. Dio c’è nei volontari, nella solidarietà, nella voglia di ricostruire e di guardare al futuro con speranza. Dio c’è in coloro che amano.