Donne: Gulino (Psicologi toscani): “Bene reddito di libertà per vittime di violenza ma sia accompagnato da sostegno psicologico”

Un segnale di speranza nella Giornata della donna. E’ il reddito di libertà pensato dalla Regione Toscana per le donne vittime di violenza domestica. “Un’ottima iniziativa ma che non può essere disgiunta da un percorso di sostegno psicologico”, dice al Sir Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli psicologi toscani

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Un progetto tutto da realizzare ma che sosteniamo con convinzione, tenendo conto del tunnel di maltrattamenti e violenze fisiche e psicologiche di cui sempre più donne sono vittime insieme ai propri figli”. Oggi, Giornata della donna, Maria Antonietta Gulino, presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana, commenta al Sir il progetto della Giunta regionale toscana di istituire un “reddito di libertà” di mille euro al mese per tre anni per le donne vittime di violenza fisica e psicologica, finanziato in parte dalla stessa Regione e in parte grazie al Fondo sociale europeo. “Una misura importante della quale ci piace anche la denominazione ‘reddito di libertà’ – prosegue Gulino – perché che se da un lato resiste ancora il retaggio culturale della donna che per proteggere i figli e la famiglia si sacrifica tollerando livelli di sopruso e dolore che nessun essere umano dovrebbe sopportare, dall’altro sappiamo che

la mancanza di indipendenza economica la relega in una condizione di sudditanza e ricatto che rende di fatto impossibile la denuncia”.

Purtroppo, però, le cronache riportano sempre più spesso aggressioni o addirittura femminicidi di donne che pur avendo sporto denuncia non sono state tutelate da provvedimenti restrittivi nei confronti dei loro persecutori, rivelatisi inefficaci…
Questo apre un fronte che non incoraggia alla denuncia che, già in sé, è un atto complesso al quale si arriva dopo avere subito aggressioni inimmaginabili. Arrivare finalmente a ritenere che la propria incolumità e quella dei propri figli debba avere un valore, e che la denuncia dia valore a questo, e poi ritrovarsi inascoltate o non protette, è una sorta di ‘violenza istituzionale’ che fa sentire la donna abbandonata a se stessa. Magistratura e forze dell’ordine devono lavorare affinché questo non accada più. Dietro ogni denuncia c’è una donna che soffre e che ha il diritto di tornare a casa senza rischiare di essere uccisa dal suo aggressore appena denunciato. Non è con gli slogan che la salviamo, ma con azioni concrete che la proteggano e la aiutino ad uscire da questa spirale di violenza.

E poi c’è la questione della violenza assistita o addirittura subita anche dai figli…
Per un bambino vedere il padre che maltratta la madre è contro natura, è una ferita gravissima. Un bambino non ha gli strumenti per elaborare, dare senso a ciò che sta accadendo, lo subisce e basta, pensando spesso di esserne il responsabile per qualche grave marachella commessa. Ma l’assumere su di sé la colpa del gesto violento del padre intacca l’equilibrio del minore creando sofferenze, incertezze e disagio psicologico. Crescendo potrebbe fare proprio il modello paterno diventando a sua volta un adulto violento oppure, all’estremo opposto, un soggetto che tende ad anteporre alla propria la protezione degli altri.

L’impegno annunciato dalla Regione Toscana è un passo avanti concreto nel percorso di “emancipazione” della donna dalla violenza domestica…
E’ un segnale di speranza, ma non può essere disgiunto da un percorso di sostegno psicologico: i due aspetti devono procedere di pari passo sullo stesso binario perché la possibilità di non dipendere da un uomo è fondamentale, ma non basta. Chi ha subito ripetutamente violenze, ha dovuto fare da scudo ai propri figli o li ha addirittura visti picchiati dal padre – per una madre la peggiore aggressione dal punto di vista psicologico – ha accumulato un bagaglio di traumi e frustrazioni sui quali occorre lavorare per tentare di ‘guarire’ le ferite e prevenire il rischio che la donna scelga un nuovo partner altrettanto violento. L’intervento, per essere risolutivo, deve essere di sostegno economico e psicologico al tempo stesso. Obiettivo:

donne più forti economicamente e psicologicamente.

Sta pensando all’istituzione dello psicologo di base?
Occorre investire risorse per potenziare l’offerta di psicologia pubblica, oggi bassissima. In Italia noi psicologi siamo circa 110mila ma, ad esempio nella mia regione, solo il 5% del totale è impiegato nel servizio pubblico, eppure la salute è un diritto di tutti, soprattutto in questo periodo in cui la povertà sta crescendo in modo esponenziale. Spendere per implementare le risorse umane nel pubblico non è un costo ma un guadagno sia in termini di salute, sia in termini di risparmio su sussidi, assistenza e psicofarmaci.

La Regione Toscana ha approvato una legge in materia…
Sono stati stanziati 700mila euro divisi in due anni. Stiamo iniziando a lavorare sui decreti attuativi del provvedimento che realizzeranno concretamente la presenza dello psicologo di base all’interno delle case di comunità insieme ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta. Una sorta di front office, di primo livello di intervento per recepire e intercettare bisogni che spesso rimangono inascoltati. Siamo fatti di corpo, mente e cuore e il Covid ci ha insegnato che non possiamo separare la malattia organica dalla malattia psicologica. Occorre una visione integrata della salute e una presa in carico integrale. Basta con le dicotomie che non portano da nessuna parte.

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