Si chiamava Anastasiia, un nome che significa “resurrezione” ed aveva appena 23 anni. Era giunta a Fano nel marzo scorso come profuga ucraina. Fuggiva dalla violenza della guerra e sognava un futuro di pace per sé e il suo bimbo di appena 2 anni. In molti a Fano si erano già affezionati a questa giovane mamma di Kiev che lavorava come cameriera all’Osteria della Peppa e per arrotondare lo stipendio dava lezioni di piano. Lo scorso 14 novembre è stata accoltellata e gettata sul greto del fiume Arzilla. Ad ucciderla è stato il marito, un uomo di origini egiziane di 42 anni, arrestato mentre tentava di fuggire dall’Italia. L’11 novembre lei lo aveva denunciato ai Carabinieri dopo mesi di liti e violenze. La giovane mamma ucraina è stata uccisa alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che cade il 25 novembre. Il vescovo di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola, monsignor Armando Trasarti ha espresso la vicinanza e preghiera ai familiari di Anastasiia e a tutta la comunità ucraina presente nel nostro territorio, in particolare al suo bambino rimasto orfano. Per lui si sono mobilitati già i Servizi sociali e il Tribunale dei minori. Anastasiia se ne è andata presto ma prima di partire lascia al mondo ciò che ogni donna, ogni madre ha di prezioso nella vita: suo figlio. È da quest’ultimo che ogni riflessione, ogni sforzo, ogni speranza nasce e cresce. Spetta a tutti noi aiutarlo a trovare le parole giuste per descrivere il mondo in cui vive; colori significativi per disegnare la sua storia. È messo davanti agli occhi di tutti per ricordare al mondo che la battaglia e il diritto di vivere è il regalo più bello che si possa fare alle generazioni future. Come ha ricordato mons. Trasarti citando Papa Francesco: “la rinascita dell’umanità è cominciata dalla donna”.
* Sacerdote e direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Obala (Camerun)
(precedentemente pubblicato su “Il Nuovo Amico”)