Guaio dalle conseguenze irreparabili o momento favorevole? L’ipotesi di ospitare un rigassificatore nel porto di Piombino continua a far discutere ed a dividere la popolazione locale.
Ieri, il Presidente del Consiglio Mario Draghi ne ha ribadito l’urgenza ma la questione, tutt’altro che dai contorni locali, ha aperto fronti contrapposti mettendo in crisi il piccolo grande centro industriale della Toscana le cui ferite, inferte dalla fabbrica di acciaio, sono ancora ben visibili. Il progetto presentato dalla Snam, risolverebbe, a detta dei fautori del “si”, il problema del caro bollette contribuendo a contrastare la crisi energetica e i suoi effetti negativi. Ben diversa la posizione dei contrari, che parlano di decisione imposta dall’alto, ma soprattutto, giudicano troppo alto il rischio ambientale e considerando il rigassificatore una pericolosa “bomba ambientale” posta a pochi metri dalla costa. Anche le istituzioni locali sono su posizioni differenti. Ne abbiamo parlato con mons. Carlo Ciattini, vescovo di Massa Marittima-Piombino.
Eccellenza, il dibattito intorno alla realizzazione del rigassificatore ha riacceso i riflettori su Piombino, una piccola ma importante realtà industriale del nostro Paese. Come sta vivendo, da pastore, questa situazione?
Negli ultimi due tre anni ho vissuto un forte coinvolgimento con Piombino e la situazione che stiamo vivendo sento che mi appartiene in maniera forte e intensa. Percepisco una bella maturità che fino ad ora non avevo notato. Vedo una Piombino matura, attenta, responsabile, che in qualche maniera avverte l’importanza del momento e che vive tutto senza emotività e allarmismo, sia come sentimento che come status psicologico. È una Piombino che ha già sofferto tanto ma che ha saputo fare tesoro di questa sofferenza, tramutandola in intelligenza, in capacità di valutare e pesare le cose. Virtù queste, oggi, sempre più rare se solo si prende in considerazione quanto e come siamo immersi nella cultura di un consumismo sfrenato, che ci rende estremamente esigenti e che ci spinge continuamente ad avere “tutto e subito”. Mi sembra invece che la nostra comunità, da una parte sia stata costretta, ma dall’altra è stata anche capace di educarsi, giorno dopo giorno, alla cultura dell’attesa e della pazienza.
Al di là di come finirà, come valuta la risposta della sua comunità?
Sono molto contento perché vedo che non si smette di cercare un dialogo e di trovare, nel dialogo, una soluzione. Non voglio entrare nel merito della questione, voglio invece sottolineare quanto sia importante trovare un valido metodo di approccio alla questione. E tale metodo non può che essere fondato su un dialogo aperto, franco, continuo anche se difficile, non estemporaneo o improvvisato.Come in tutti i dialoghi a più voci, non mancano quelle stonate, quelle che fanno confusione, quelle che fanno rumore ma, come direbbe Shakespeare “molto rumore per nulla”. Al tempo stesso, come sempre, c’è bisogno di “qualcuno” che diriga il coro e questo qualcuno lo identifico nella razionalità e nella conoscenza delle cosecui è indispensabile fare riferimento per trovare una bella armonia tra noi.
Il dibattito comunque ruota intorno a due posizioni chiave: quella di chi vuole fare la sua parte, dire “si” e contribuire al bene dell’Italia e dell’Europa e quella di chi, pur non contrario a questo sentimento, dice “no” perché giudica l’operazione una decisione imposta dall’alto aggravata da un alto rischio ambientale. Lei cosa ne pensa?
Guardi, bisogna riflettere e stare attenti… in questi anni di cose ne ho viste tante e, con molta onestà, le devo dire che ho riscontrato anzitutto troppo, troppo divario tra ciò che si decide e ciò che poi alla fine viene effettivamente realizzato. Non si può vivere di riunioni, di consigli d’amministrazione o di quartiere, insomma di parole, parole e parole. In questi anni ho avuto modo di ascoltare roboanti esposizioni di spettacolari piani di intervento che però poi non hanno trovato riscontro nella realtà. Non si può credere a promesse (che non hanno fondamento) che non si realizzeranno mai.
Quindi…
Voglio fare un passo avanti rispetto alla contrapposizione del “si” o del “no”. Se il progetto non va in porto tutto resta così com’è. Se però se si decide per il “si” allora è necessario e opportuno andare avanti passo dopo passo. Si ipotizza e si decide per un 10% e poi lo si realizza e così via fino al completamento dell’opera. Insomma, avanti a piccoli passi ma per arrivare alla meta. Non il “tutto e subito” ma il “tutto tappa dopo tappa”. Dalla carta al cantiere, facendo una cosa per volta. Il tutto con la indispensabile e piena collaborazione di tutte le istituzioni, in ogni ordine e grado, e di tutti gli organi competenti. Il momento che stiamo vivendo lo richiede, alle riunioni e alle parole devono corrispondere fatti concreti. Non possiamo vivere di emozioni e situazioni adolescenziali perché si ha a che fare con la vita della gente, delle persone, delle famiglie. Senza un’attenzione vera al bene comune si rischia di sperperare le tante ricchezze locali, di gettar via il capitale finanziario e soprattutto umano della nostra comunità. Non voglio insomma che tutto alla fine generi un vuoto pericoloso, perché nel vuoto si precipita e ci si fa male.
In conclusione, come pastore di questa comunità, cosa si sente di ricordare?
Guardi, da pastore che ama il suo gregge, mi permetto di dire che Piombino in questo momento ha bisogno, anzi,l’orizzontepensare bene e riflettere attentamente su quanto sta accadendo. Il rigassificatore è un segnale, è una situazione che deve spingerci a capire il momento che stiamo vivendo, a livello locale, nazionale e mondiale. Bisogna alzare lo sguardo da noi stessi e guardare l’orizzonte. Se dovessi trovare una metafora per questa situazione individuerei quella del fumatore che, anche se non vuole assolutamente, è costretto a smettere di fumare a causa di una patologia. In altre parole, cerco di leggere i segni dei tempi e questo tempo. Mi sembra che per Piombino, così come per l’Italia, l’Europa e il mondo intero, e lo dico con rispetto e timore, sia giunto il tempo di sperimentare un po’ di disagio, un po’ di sofferenza. Lo dico con grande onestà intellettuale perché ritengo che se saremo docili, questo tempo nuovo ci renderà intelligenti e attenti a ciò che abbiamo, al creato, all’altro, perché come dice il Papa, siamo “tutti sulla stessa barca”. Credo che Piombino, come il mondo intero, la storia, le nostre vite, ci si debba avviare verso un atteggiamento di ascolto, in cui prima di affermare la propria ragione sia necessario ascoltare e cercare la verità. Abbiamo perso troppo tempo nel cercar d’aver ragione dimenticando la verità delle cose, che rende liberi tutti.Incaponirsi invece su un cammino di annientamento dell’altro distrugge o rende prigionieri. Il buon senso ci dice che quando arriva la colica di fegato si è costretti a mangiare in bianco. Ecco Piombino, così come il mondo intero, è malato, ha le sue coliche e ha bisogno di mangiare in bianco. Dobbiamo disintossicarsi e lasciarci curare. Se saremo docili guariremo e ci riapproprieremo del gusto della verità e delle cose belle. Solo così potremo ritrovare la gioia di vivere e di lavorare per il bene, per il bene comune.