La commossa e impegnativa dichiarazione di Mario Draghi dopo l’incontro con i familiari delle vittime e dei dispersi in Marmolada risuona quasi come un ultimatum: “Il governo deve riflettere”, ha detto, a cogliere la decisione con cui eventi come questo riconducibili alla crisi ambientale devono essere affrontati nel futuro. Per “evitare che accadono” o almeno per ridurne al massimo la probabilità. Un ultimatum perché essi non saranno più straordinari: distacchi e crolli – sempre verificatisi nel corso epocale della storia e delle stagioni – tendono ora a presentarsi in modo più frequente a causa delle condizioni climatiche determinate anche dall’intervento dell’uomo sull’ambiente.
Il cedimento del ghiaccio da quel catino del versante nord della Marmolada, con il suo carico di lutto per le vittime e di ansia per i dispersi, ha il suono cupo di quel “grido della natura”, per dirla con le parole della Laudato Si’,
che ogni uomo e ogni comunità deve saper cogliere in anticipo, ritrovando maggiore determinazione e anche unità d’intenti.
A proposito, ci è parso esemplare che l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi e il vescovo di Belluno-Feltre Renato Marangoni siano stati i primi già domenica sera ad esprimere insieme una parola di cordoglio. I due pastori delle nostre terre confinanti sotto la Regina delle Dolomiti hanno così anticipato quella visione d’insieme e incoraggiato quell’impegno comune che la salvaguardia dell’ambiente richiede e che gli uomini del soccorso hanno poi dimostrato nella piena unità anche organizzativa, come evidenziato anche dal presidente Draghi.
(*) direttore di “Vita Trentina”