“Alè alè oh oh, io tanto già lo so, che l’anno prossimo gioco di sabato…”. Dall’alto del suo piedistallo di marmo, Walther von der Vogelweide, il più famoso poeta del medioevo tedesco, ha ascoltato con attenzione il ritornello ritmato che i tifosi dell’FC Südtirol hanno intonato nella piazza centrale di Bolzano, dove la squadra altoatesina ha festeggiato la promozione in serie B. Una promozione storica che, in Trentino Alto Adige mancava dal 1948.
Così com’era accaduto allo stadio Nereo Rocco di Trieste domenica 24 aprile, quando alle 16.20 al triplice fischio del signor Federico Longo da Paola i ragazzi di mister Javorcic hanno messo la firma ad una pagina di storia del calcio che rimarrà scolpita nella mente e nel cuore degli altoatesini, anche sabato scorso, 14 maggio, in piazza Walther qualche goccia di pioggia ha salutato i festeggiamenti per la promozione del Südtirol nella serie cadetta. Ma a riempire l’aria del centro città sono stati soprattutto i coriandoli bianchi e rossi – i colori del capoluogo altoatesino – che si sono levati in cielo quando il capitano Hannes Fink ha sollevato il trofeo consegnatoli dal presidente della Lega Pro Francesco Ghirelli.
Quella appena conclusa è per la giovane squadra dell’FC Südtirol – nata nel 1995 – una stagione da record. Sono 90 i punti pazientemente raggranellati quest’anno in campionato, con il passo di chi ha intenzione di andare lontano. E poi ci sono quelle sole 9 reti subite che fanno del Südtirol la squadra meno battuta d’Europa.
In piazza Walther, i ragazzi del Südtirol sono arrivati a bordo di pic-up scoperti. Ad accoglierli tifosi di ogni età. E di ogni gruppo linguistico. Perché il Südtirol – unico club di calcio professionistico tra Innsbruck e Verona –, è una squadra che ha tra le proprie fila ragazzi di lingua italiana e di lingua tedesca. Idiomi diversi che però si ritrovano a parlare una sola lingua: quella del pallone. C’è spazio per tutti, sul palco allestito nella piazza centrale del capoluogo altoatesino. Dal portiere Giacomo Poluzzi (il meno battuto d’Europa), al bomber Odogwu. Per ciascuno di loro c’è un’ovazione, un momento di gloria personale in quella grande festa di squadra. Una squadra che non si dimentica di chi lavora silenziosamente dietro le quinte e che tributa un’ovazione e una medaglia anche a Gabriella, la cuoca.
Sulle note di “We are the champions” la piazza esplode di gioia sotto una cascata di coriandoli biancorossi e il capitano Hannes Fink alza al cielo il trofeo tricolore. Per il giocatore di Bolzano, classe 1989, quella di sabato scorso è stata una giornata particolare. Dopo ventuno anni consecutivi con la maglia biancorossa del Südtirol (arrivò al Südtirol nel 2001, quando aveva 11 anni e da lì ha fatto una lunga e positiva trafila nel settore giovanile prima di approdare a 16 anni in prima squadra) Fink ha annunciato in questi giorni la decisione di lasciare il calcio giocato. Una carriera la sua, con 331 presenze con la stessa maglia, 17 reti e 12 assist, 50 cartellini gialli e un solo cartellino rosso. “Ho fatto per sedici anni il lavoro più bello del mondo”, commenta il numero 10 biancorosso, che dalla prossima stagione entrerà a far parte dello staff tecnico-organizzativo della squadra. Spazio, quindi, al bagno di folla. I ragazzini che fino a prima avevano giocato a pallone in piazza, si assiepano alle transenne per chiedere un autografo o un selfie al loro giocatore del cuore. Per tutti c’è un sorriso, per tutti c’è una parola, un saluto, una stretta di mano. Mentre sotto la statua dell’imperturbabile Walther von der Vogelweide sventola la bandiere con lo stemma del capoluogo altoatesino, il Sir incontra il mister Ivan Javorcic, ex calciatore Croato, nato a Spalato nel 1979, che dopo aver allenato Brescia, Mantova e Pro Patria, il 14 giugno dello scorso anno ha firmato un contratto biennale con il Südtirol.
Una stagione da record, quella che ha portato il Südtirol in serie B. Come è stata costruita e quali sono i valori aggiunti di questa squadra?
“Questa è una stagione che è stata costruita nel quotidiano, con grande dedizione e lavoro. Questo è un gruppo straordinario di ragazzi di qualità. I giocatori del Südtirol sono ragazzi normali che hanno fatto qualcosa di straordinario. Noi tutti siamo persone normali, che siamo riusciti a fare la differenza con la dedizione, la passione che abbiamo messo nel lavoro quotidiano. È una cosa, questa, che possono sicuramente provare a fare tanti ragazzi giovani, non solo nello sport, ma in qualsiasi ambito della loro vita.
Quest’anno avete vissuto, come tutti quanti, le difficoltà legate alla pandemia, che ci ha tenuti “distanti”. Voi siete riusciti comunque a fare squadra. Qual è il vostro segreto?
Il lavoro, la volontà di dedicare il proprio tempo non solo per migliorare il gioco, ma anche per educare e per migliorare le relazioni tra di noi. Tutto qui. Il campionato che ci attende sarà molto impegnativo, lo sappiamo bene. Spero di cuore che la città e tutta la gente dell’Alto Adige sappia fare squadra con noi, ci accompagni venga a sostenerci con il proprio tifo allo stadio.
Questa è una squadra in cui convivono giocatori di lingua italiana e tedesca, e non solo, all’insegna di un’unica lingua, quella del calcio.
Penso che la presenza di ragazzi di vari gruppi linguistici e di varie nazionalità sia un valore aggiunto, che viene proprio da una provincia che da tempo promuove il messaggio della convivenza e del dialogo. Sono fermamente convinto che il nostro mondo debba andare assolutamente in questa direzione.
Tre aggettivi per descrivere i suoi ragazzi.
È difficile trovare parole per descrivere questa squadra. Sono ragazzi speciali, che ti fanno rimanere senza parole e che parlano con i fatti.