Olena è un nome comune in Ucraina. Ma per centinaia di profughi e di ucraini che vivono in Italia e cercano di far arrivare qui i loro parenti, Olena è una sola. Originaria di Zhytomyr, 260mila abitanti tra Kyev e Leopoli, nel nordovest dell’Ucraina, vive a Vittorio Veneto da dieci anni con il marito Luca, vittoriese, e i loro bambini. Nell’aprile 2015, Olena Gavrjljuk organizzò in area Fenderl a Vittorio Veneto “La rivoluzione della dignità”, una conferenza con la giornalista Marta Dell’Asta Carletti e una mostra fotografica di Miroslava Bezman sulle manifestazioni di piazza Majdan.
Con lo scoppio della guerra in Ucraina si è trovata a gestire un immenso servizio di trasporto di persone (per lo più donne e bambini) che scappano dalla guerra e vengono in Italia. Olena ha infatti promosso il primo dei viaggi dei pullman che dal Vittoriese raggiungono Przemysl, la cittadina polacca a 10 km dal confine ucraino dove si ammassano i profughi, per prenderli e portarli via. Saltata sul primo pullman, lasciando a casa i figli col papà e rinunciando pure a seguire il suo lavoro, ha già fatto sette volte questo viaggio.
Ora il flusso di persone che scappano sembra un po’ diminuito.“È vero. Ce ne sono ancora, ma un po’ meno. Siccome l’avanzata dei russi sembra essersi fermata, la gente aspetta: nessuno scappa volentieri, lasciando casa, lavoro, tutto. Quelli che possono, si sono solo avvicinati al confine occidentale, prendendo in affitto qualcosa, e aspettano. Ora chi arriva qui sono i più benestanti, magari con la loro auto, che cercano un alloggio in affitto, avendo la possibilità di aspettare tempi migliori senza lavorare. E quelli che arriveranno saranno sempre di più persone senza contatti in Italia, quindi soli”.In queste settimane si è trovata in un turbine di impegni.
“Centinaia di miei connazionali mi chiamano a tutte le ore per mille cose: trasporti, viveri, vestiti, consulenze burocratiche e legali. In questi giorni soprattutto per trovare alloggi. Da parte nostra abbiamo cercato anche di procurare caschetti e giubbotti per i ragazzi che rimangono lì a difendere il nostro Paese”.
Ha stretto dei rapporti con le persone che ha aiutato a scappare?
“Qualcuno mi chiama, altri li chiamo io, soprattutto quelli che vivono in casa da soli, senza essersi ricongiunti a persone che già vivevano qui. Quelli che hanno trovato alloggio nel Vittoriese li sento e vedo anche tutti i giorni. Con qualcuno siamo diventati amici. Il punto di contatto migliore sono le scuole dei figli: anche per questo è importante che i bambini la frequentino prima possibile”.
Per le notizie che le arrivano dall’Ucraina, che idea si è fatta di questa guerra. Cosa succederà?
“Impossibile saperlo. Nessuno in Ucraina ne ha idea. Prima della guerra c’è stato qualche preavviso. Chi lavora per aziende occidentali era stato avvisato del rischio… ma nessuno ci voleva credere. E quasi non credono nemmeno ora che sia possibile questa guerra. Ma ‘quello lì’ – conclude con un filo di voce – è capace di tutto, anche di andare fino alla fine. Atomica compresa”.
Ora costretta ad uno stop nella sua spola Vittorio Veneto-Przemysl, perché in quarantena per contatto Covid, ha scritto alcuni suoi ricordi di questo terribile mese.
(*) articolo pubblicato originariamente su “L’Azione” di Vittorio Veneto