“I ragazzi che sbarcano a Roccella Jonica, molti dei quali sono minorenni, ci fanno due richieste: ‘Ho fame’ e ‘vorrei andare a scuola’. Non vengono a rubare il futuro dei nostri figli, non ci chiedono la luna ma un futuro di dignità e professionalità”. È la testimonianza del parroco della chiesa di San Nicola di Bari padre Francesco Carlino, che con la Caritas locale è impegnato nell’accoglienza di quanti sbarcano sulla costa reggina. Oltre 750 i migranti arrivati a Roccella nell’ultima settimana, cifre di un fenomeno costante da mesi, ma che negli ultimi giorni ha assunto contorni assai delicati. Nella prima mattinata di martedì, dopo il salvataggio di 70 persone, gli sbarchi si sono fermati per via del maltempo che ha imperversato nella zona, ma la probabilità che riprendano nei prossimi giorni è alta. Roccella è una delle località più belle dello Jonio reggino. Mare bandiera blu, un centro antico che trasuda storia e bellezza da ammirare dallo spazioso lungomare, ma con le fragilità di tanti pezzi di Sud. Economiche e strutturali. I numeri di migranti arrivati in queste settimane richiamano alla mente le immagini di Lampedusa che commossero papa Francesco. Ma Roccella non deve e non può diventare una nuova Lampedusa. “Anche perché, rispetto all’isola, dove è presente un hotspot ministeriale, qui ce la dobbiamo vedere da soli”, chiosa il sindaco di Roccella, Vittorio Zito. “Martedì abbiamo dovuto dichiarare inagibile l’immobile che utilizziamo per la prima accoglienza perché, a causa del maltempo, è stato interessato l’impianto elettrico”. Zito, rilevando quanto sta accadendo in questi giorni, descrive una sorta di “esodo biblico dalla Turchia di migranti che vanno diritti e arrivano a Roccella”, rinnovando la mission che è chiamato a sostenere: “noi dobbiamo occuparci di salvare quanti arrivano”.
Nel piazzale del porto, dove sono le tende delle associazioni impegnate nell’accoglienza insieme alle istituzioni, il monitoraggio è costante. La Protezione Civile di Caulonia, arrivata a dare il suo apporto, rileva tutte le difficoltà sussistenti. “Il centro di accoglienza era diventato qualcosa di non sopportabile a livello di numeri, c’è finanche difficoltà a mantenere il distanziamento e, visti gli sbarchi costanti, manca anche il tempo per una sanificazione” – evidenzia la responsabile Antonella Ierace -. “Nel momento in cui si accoglie – prosegue – dobbiamo avere ben chiaro che davanti a noi ci sono esseri umani, per questo ci vogliono le condizioni opportune”.
Con l’immobile deputato all’accoglienza fuori uso, “trentotto ragazzi sbarcati a Roccella nel pomeriggio di mercoledì sono stati trasferiti nel nostro centro di accoglienza Caritas”, spiega padre Carlino. Si tratta di egiziani, afghani, siriani, iraniani “in cerca di una possibilità” che hanno trovato accoglienza nella palazzina della Caritas in via Trasvere, dove hanno trovato cuori e mani aperte, oltre a un pasto caldo e a un letto. Attenzione massima per “una situazione delicata di emergenza” anche da parte della Caritas diocesana di Locri – Gerace, come evidenziato dal direttore don Rigobert Elangui, che sottolinea “il lavoro di accoglienza delle parrocchie di Roccella”. Un lavoro che si vede con mano, all’interno del centro Caritas. “Come prima accoglienza abbiamo dato coperte, vestiti e cibo, grazie anche alla solidarietà di persone generose, perché qui la gente è buona e accoglienza e l’umanità si toccano con mano”,sottolinea padre Carlino.
A fargli eco il sindaco Zito, che evidenzia come “a Roccella c’è un impegno collettivo molto importante, la gente convive da 20 anni con i migranti che arrivano, per cui gli sbarchi non sono un fulmine a ciel sereno”. Il problema però “è la consistenza numerica, soprattutto perché è importante garantire una accoglienza in maniera dignitosa”. Soprattutto per le condizioni in cui arrivano, come evidenzia padre Carlino, “colpito da un ragazzino con i vestiti bagnati di acqua marina e piedi scalzi a cui abbiamo consegnato un paio di scarpe” e, spera il religioso, “un sogno nuovo”.
Guardando alle difficoltà del territorio, e sottolineando l’impegno del sindaco e della Protezione Civile, padre Carlino fa un appello: “Anche come Chiesa e come comunità impegnate sul territorio invitiamo lo Stato a farsi presente e a non lasciare sole le autorità locali”. Perché, conferma il sindaco che pure sottolinea il lavoro della Prefettura, “con i numeri che ci sono al momento non ce la possiamo fare”.