Festeggiamo il compleanno di questo giornale, di chi vi lavora e di chi lo legge e lo sostiene da 75 anni.
Il primo numero de La Guida vedeva infatti la luce il 25 agosto 1945. L’autorizzazione alla pubblicazione, dopo vent’anni di una dittatura liberticida che aveva soppresso ogni voce di libera imponendo il pensiero unico, è datato 25 luglio 1945 e porta la firma dell’ufficiale americano (o inglese) a capo dell’ “Allied Publications Board”, la sottosezione del Comando Alleato competente sui temi dell’informazione.
Queste righe non vogliono introdurre a una qualche autocelebrazione. Richiamano piuttosto a due situazioni lontane nel tempo ma oggi spesso abbinate in un confronto tra la crisi seguita alla pandemia del coronavirus e quella del dopo guerra.
L’idea che, debellato il Covid, l’autunno ci avrebbe regalato una ripartenza a pieno regime si è rivelata del tutto illusoria. L’estate è agli sgoccioli, la scuola sta per riaprire, i vaccini sono soltanto promesse, mentre il virus è più che mai vivo e presente fa noi.
Ci toccherà fare di necessità virtù: le norme di restrizione e di prudenza che ben conosciamo, dall’igiene alle mascherine alle distanze, test e tamponi, continueranno ad essere il nostro pane quotidiano ancora a lungo.
Sarà saggio applicarle e rispettarle come prima e più di prima. Sarà necessario pretendere che le rispettino anche i più giovani, i riottosi o gli sbruffoni. Diffidare dei ‘negazionisti’ (soprattutto se vip) considerato che il virus negato becca anche loro.
E tuttavia ripartire bisogna. Un’altra chiusura totale non sembra nemmeno ipotizzabile, sarebbe insostenibile. Con il Covid dobbiamo imparare a convivere. È un percorso nuovo, che richiede di affiancare alle già note altre “regole” nuove, fra tutte: buon senso, flessibilità, disponibilità, capacità di evitare psicodrammi, ansie e chiusure da “sindrome della capanna”. E di evitare guerre di tutti contro tutti per additare chi è più colpevole, più in ritardo o più responsabile. Soprattutto in quegli ambienti, come la scuola, che richiedono la collaborazione di tutte o quasi le componenti della società e dove si incrociano molte competenze diverse, da quelle politiche e amministrative, a quelle di docenti e famiglie, ai servizi connessi. E dove, al di là di banchi a rotelle e/o mascherine, a fare la differenza saranno la serietà, la disponibilità e la capacità di ognuno ad assumersi personalmente la responsabilità che il ruolo e il senso della propria e altrui dignità richiedono.
La pandemia ha generato una crisi pesantissima all’economia, mette in difficoltà imprese di ogni settore, crea disoccupazione e nuove povertà. La solidarietà ritrovata a livello europeo, con l’ingente mole di risorse messe in campo dall’Unione Europea a vantaggio dei paesi più colpiti, Italia in primis, consentirà di sostenere una ripresa altrimenti impossibile, ma il cammino sarà comunque impegnativo. E l’esito dipenderà dalla capacità della nostra politica, opposizioni comprese, e dei vari livelli amministrativi, dalla Regione al Comune, di gestire queste risorse con progettualità concrete ed efficaci sul territorio. Ma non sarà meno importante la partecipazione attiva dei corpi intermedi, dalle banche alle associazioni di categoria ai sindacati, oggi ancora troppo inclini alla protesta e alla rivendicazione piuttosto che alla progettazione attiva e alla proposta.
La ricostruzione ha bisogno di tutti. Come 75 anni fa, quando il disastro umano, economico, sociale e politico lasciato dalla guerra era ben più vasto e drammatico di oggi. E l’Europa non esisteva proprio. Eppure fu su quelle macerie che, oltre alla straordinaria intuizione di costruire un Europa nuova solidale e unita, piano piano ripresero corpo e forza l’impegno politico, sindacale, ecclesiale, si formarono le nuove associazioni di categoria, i partiti, le aggregazioni sociali e culturali di base. E dalle macerie morali del fascismo che aveva schiacciato ogni libertà di pensiero e di espressione riprese vita e forza l’informazione libera, sale indispensabile della democrazia. In quella stagione si colloca la rinascita della comunità cuneese e con essa del giornale che più di tutti oggi la esprime e la rappresenta, La Guida.
In chi diede vita a La Guida, c’era coscienza chiara della gravità della situazione e della sfida che attendeva l’Italia e i cuneesi. Lo si evince dall’editoriale di quel primo numero del 25 agosto: “Gli ultimi anni coll’“immane sconquasso” della guerra hanno accelerato il processo di decomposizione e non solo guasto il costume, ma attaccato l’equilibrio, la rettitudine stessa del giudizio morale. Così abbiamo assistito a tutta una serie di fatti e misfatti che testimoniano il crollo di ogni valore cristiano ed umano della vita.
Non sarebbe però giusto veder solo nero e abbandonarsi al pessimismo sconsolato. Noi siamo persuasi che in molte di queste anime disorientate e traviate, nella maggior parte, anzi, esistono insopprimibili aneliti di bene, capacità di ripresa, disgusto di una vita senza scopo … Ma pensiamo soprattutto ai molti onesti (e a dispetto di certe apparenze di corruzione sfacciata crediamo che in Italia siano ancora la maggior parte) pei quali la vita è una missione, la Patria, la Famiglia, la Fede non sono vane parole.
Preziosi elementi di ricostruzione, preziose energie, ma spesso disorientati loro pure. E non è difficile comprendere il loro stato d’animo, tanto grandi sono stati gli eventi che li hanno sommersi e storditi, tanto diverse e contrastanti le voci di propaganda che hanno udito e continuano ad udire. Ora a queste anime nuovi e formidabili compiti aprono i nuovi tempi, compiti ai quali, dopo un’astensione ventennale da ogni libera partecipazione alla vita pubblica, non si può essere preparati, e che pure s’impongono, devono venir risolti e o bene o male saranno risolti con conseguenze incalcolabili per l’avvenire.
Per questo oggi, più che mai, abbisognano guide: mani che si tendano ai traviati, voci amiche, sicure, che alle masse oneste indichino le vie della vera ricostruzione, orientandole cristianamente nei nuovi doveri imposti dalla vita moderna”.
Settantacinque anni dopo, fatte le debite (enormi) differenze tra le due crisi e ripulito il linguaggio dalle incrostazioni del tempo, il messaggio che ne viene si presenta piuttosto attuale e puntuale.
(*) direttore “La Guida” (Cuneo)