Resta alta la tensione a Mondragone, in provincia di Caserta, dove da lunedì scorso la Regione Campania ha istituito una zona rossa per i palazzi ex Cirio dopo che è scoppiato un focolaio da Covid-19. Una donna bulgara, infatti, che ha partorito sabato scorso nell’ospedale di Sessa Aurunca, è risultata positiva, come ha spiegato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, in una diretta Facebook. Da lì sono partite le indagini sui contatti della partoriente. I contagi da coronavirus sono diffusi in particolare nella comunità bulgara che abita in quelle case anche se non mancano famiglie italiane molto povere in quegli appartamenti. De Luca ha assicurato che se si dovessero superare i 100 casi dichiarerebbe la zona rossa per tutta la città. “Dopo la creazione della zona rossa sono fuggiti 19 bulgari, ma siamo riusciti a ritrovarli”, ha aggiunto il presidente che ha anche ottenuto dal ministro dell’Interno il sostegno dell’Esercito per controllare le persone in quarantena. “Ad oggi abbiamo fatto 730 tamponi agli abitanti delle palazzine ex Cirio, ma vorremmo arrivare a 3/4mila tamponi per tutti quelli che sono contigui alle case”, ha proseguito De Luca, ricordando che al momento i positivi sono 43 positivi, “10 italiani, il resto bulgari e persone di etnia rom, che occupano delle case sulla carta in fitto ad italiani”. Stanotte è stata di particolare tensione, quando è stato incendiato un furgoncino di un bulgaro. La mattinata è stata di relativa calma nella zona rossa. Qualche giorno fa il vescovo di Sessa Aurunca, mons. Orazio Francesco Piazza, aveva lanciato un appello: “La notizia di questo focolaio generatosi in questi giorni non deve indurci allo sconforto o ad atteggiamenti xenofobi, ma deve aiutarci a costruire una sensibilità comunitaria che sappia rispondere alle urgenze”. Oggi lo abbiamo sentito.
“Sto seguendo passo passo le tensioni che si sono generate a Mondragone per il focolaio nelle case ex Cirio. Penso che debbano essere le realtà sociali e associative, oltre a quelle istituzionali, a riprendere in mano la situazione per evitare che non prevalgano frange di soggetti che in modo umorale agiscono su un tema così delicato a livello umano e cristiano”, dice al Sir mons. Piazza. “Il modo umorale non è la strada per affrontare un problema che ora esplode in modo così virulento ma già rilevante da tempo e sul quale io ho già richiamato l’attenzione chiedendo un intervento, l’anno scorso, durante la visita pastorale, quando sono stato dentro i palazzi ex Cirio – afferma il vescovo -: conosco bene, quindi, la sua struttura articolata presente in tale realtà, dove vivono oltre ai più numerosi bulgari, alcuni dei quali di etnia rom, anche famiglie povere italiane. La Chiesa verso tutti loro ha sempre avuto attenzione, non solo attraverso la mensa, ma dobbiamo registrare una difficoltà di dialogo con loro. Il terreno d’incontro sono i loro bisogni primari, per cui frequentano la mensa e sono assistiti dalla Caritas, ma poi non decolla un dialogo che porti a chissà quali grandi risultati. Con gli italiani, comunque, il rapporto è più semplice”.
Tra i problemi citati da mons. Piazza, la fortissima dispersione scolastica tra i bambini bulgari: “Sono intervenuto insieme ai dirigenti delle scuole elementari per prendere in mano la situazione e risolverla, ma si fa estrema fatica. Il parroco di San Rufino e direttore della Caritas sta facendo un’opera eccezionale, ma ci sono difficoltà che non competono a noi: sono questioni di ordine pubblico”. Pur avendo l’aiuto della Chiesa, ammette il presule, “diciamocelo chiaramente, queste persone non sono integrate con noi, anche se frequentano la nostra mensa e vengono al campetto”. È difficile anche conoscere il numero reale di chi vive in quelle case: “Non si sa quanta gente abita effettivamente in un appartamento, certamente sono in moltissimi”. “Su questa situazione esplosiva – prosegue mons. Piazza – noi ci stiamo impegnando già da diverso tempo. Anche a livello ufficiale, il prefetto e le istituzioni locali hanno evidenziato che la Chiesa ha fatto e sta facendo un’opera di grande rilevanza sociale, intervenendo su vari aspetti come il caporalato, la prostituzione minorile, la situazione dei bulgari. Il paradosso è che sono le donne a lavorare di più, come braccianti agricole e badanti, mentre gli uomini rimangono a vivacchiare”.
Il vescovo richiama anche un’altra difficoltà: “C’è una regia interna che non permette facili accessi a queste realtà. Per questo dico che ci sono interferenze che non consentono un facile dialogo. E quando parlo di interferenze mi riferisco a quelle di matrice legata ad ambienti dell’illegalità.
Chi sta fomentando, altrimenti, gli scontri?
Di qui il mio appello: so che la comunità ha valori e qualità, perciò chiedo di prendere in mano la situazione per risolverla e non vederla degenerare ulteriormente”. Mons. Piazza conclude:
“Le forme aggressive di questi giorni non costruiscono niente di buono,
anzi spengono quelle piccole speranze che come Chiesa stavamo accendendo”.