Problemi irrisolti

Sul risultato delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria di domenica scorsa si è detto e scritto fin troppo. Si potrebbe definirlo un 1-1, dato che una regione è andata al centrosinistra e una al centrodestra; ma si sa che non sempre “uno vale uno” (come ormai hanno capito anche i grillini). L’enfatizzazione nazionalizzante del voto in Emilia-Romagna, imposta da Salvini - ritenuta da tutti il suo secondo errore dopo la mossa azzardata di agosto in cui, tradendo l’alleato, s’illuse di tornare subito alle urne - se ha decretato la sconfitta del “capitano”, dando una boccata d’ossigeno al governo, ha contribuito però a porre altri problemi a diversi livelli.

Sul risultato delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria di domenica scorsa si è detto e scritto fin troppo. Si potrebbe definirlo un 1-1, dato che una regione è andata al centrosinistra e una al centrodestra; ma si sa che non sempre “uno vale uno” (come ormai hanno capito anche i grillini). L’enfatizzazione nazionalizzante del voto in Emilia-Romagna, imposta da Salvini – ritenuta da tutti il suo secondo errore dopo la mossa azzardata di agosto in cui, tradendo l’alleato, s’illuse di tornare subito alle urne – se ha decretato la sconfitta del “capitano”, dando una boccata d’ossigeno al governo, ha contribuito però a porre altri problemi a diversi livelli. Il centrodestra, dopo aver inanellato un successo dopo l’atro in tutte le precedenti regionali, si scopre anch’esso vulnerabile (del resto, l’aveva tentata grossa; ma è pur vero che anche la regione più “rossa” si è rivelata ora “contendibile”); non solo, ma scopre che il suo leader indiscusso (tramontato ormai Berlusconi, che per altro in Calabria ha visto il trionfo della sua candidata forzista…) ha le armi spuntate. La sua narrazione politica, fatta di linguaggi e gesti estremi, dev’essere rimodellata perché, se sollecita la “pancia” di tanti, provoca anche sconcerto in altri e suscita le reazioni dei residui avversari ricompattandone, suo malgrado, le file. Per di più nel centrodestra, offuscata la stella berlusconiana, c’è un astro emergente, quello della Meloni, la quale si sta rivelando più contendente che alleata. Quanto al centrosinistra – grato indubbiamente, come si è affrettato a riconoscere il segretario del Pd, al movimento delle “Sardine” che ne ha riattizzato le braci – non può certo cullarsi su uno scampato pericolo. Ha bisogno di dimostrare la sua efficacia, a livello locale ma soprattutto ora a livello nazionale, ravvivando l’azione di governo con proposte e progetti chiari, coerenti e incisivi; mentre ancora non si sa quali idee abbia o intenda portare avanti con decisione nei temi confliggenti con il M5S. Poiché l’altro grosso problema è appunto la convivenza con un alleato la cui consistenza nel Paese si va velocemente sfaldando (come appunto tutte le recenti elezioni confermano) e che, pur restando il maggior partito in parlamento, è travolto da una tensione interna crescente che ne sminuisce la forza e ne scompone la sensibilità su più fronti. E qui i problemi sono appunto quelli del governo, cioè di Conte 2, che – per quanto continui a prospettare un rilancio propositivo – faticherà non poco a mettere insieme le diverse anime della coalizione. Tanto più che, sebbene il referendum del 29 marzo sulla riduzione del numero dei parlamentari possa concedere ancora qualche tempo, la permanente campagna elettorale continua con l’appuntamento del 31 maggio in altre sei regioni, tra cui il nostro Veneto, dove proprio le due maggiori forze del governo nazionale rischiano di più e dove non si sa bene se l’alleanza prospettata dal Pd con il M5S possa fargli bene o …più male.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)

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