Cuneo senza bimbi e il futuro delle nostre comunità

Il 2019 di Cuneo trova sintesi anche nella freddezza statistica di tre numeri: 370 nati, 637 deceduti e la differenza pesantemente negativa tra i primi due: -267. Così avviene da molti anni. Non soltanto a Cuneo ma in tutti i nostri Comuni. In tutta Italia

(Foto Siciliani - Cristian Gennari/SIR)

Il 2019 di Cuneo trova sintesi anche nella freddezza statistica di tre numeri: 370 nati, 637 deceduti e la differenza pesantemente negativa tra i primi due: -267. Così avviene da molti anni. Non soltanto a Cuneo ma in tutti i nostri Comuni. In tutta Italia.
I numeri fotografano ma raccontano anche i cambiamenti in corso. Pongono interrogativi sulla sostenibilità economica del sistema Paese (pensioni, stato sociale), sull’invecchiamento della popolazione, sul (possibile) ruolo degli immigrati, su rapporti ed equilibri tra generazioni, sulla sopravvivenza delle tante piccole comunità come i paesi della nostra provincia.
Cuneo e il Piemonte sono da sempre terre di attenzione e passione educativa. Di educatori più o meno riconosciuti come le migliaia di amministratori, volontari, insegnanti e animatori che abitano le nostre scuole, gli asili, le parrocchie, le associazioni. È terra di oratori, volto e cuore caratterizzante di ogni comunità. Terra di investimenti, sacrifici e creatività quando si tratta di mettere al centro dell’attenzione i bambini, i ragazzi, gli adolescenti e i giovani.
Si pensi all’enorme dispiego di energie nelle tante e diversificate realtà scolastiche, dalle materne cattoliche o laiche di ogni paese alle superiori e alle professionali, tutte di alto e riconosciuto livello formativo.
Eppure da qualche anno – in montagna da molti decenni – la nostra sta diventando sempre più terra di scuole che chiudono, di aule che si svuotano, di comunità che in un anno intero non registrano un solo battesimo. Di culle vuote, sempre più vuote. I dati dell’Istat sulla provincia a fine 2018 (gli ultimi disponibili) registrano 4.487 nati contro 7.128 morti. Un saldo negativo di -2.641 unità: come se in un anno scomparisse l’intera popolazione di Vignolo o di Roccavione.
Le cause della denatalità crescente, toccano tutti gli aspetti della vita: culturali, sociali, economici. Quando prevalgono incertezza, paura e pessimismo, quali che ne siano le ragioni, si disinveste sulla speranza di futuro. Si disinveste sulla vita. Siamo dentro questo trend.
E nel prossimo futuro le nostre comunità paiono destinate ad un ulteriore pesante svuotamento e abbandono. Con cambiamenti che oggi iniziamo a intravedere, negli stili di vita, nelle relazioni, nel lavoro, nei valori stessi di un immenso patrimonio edilizio e abitativo ormai abbandonato.
Che ne sarà allora della passione educativa che ha retto fino ad oggi le nostre comunità? Cosa accadrà del nostro patrimonio di persone, istituzioni, strutture e progetti? Di quella peculiare nota distintiva dell’essere cuneesi che ha nei giovani e nelle famiglie il motore che muove e sostiene la vita sociale e cristiana?
Abbiamo appena concluso il periodo natalizio. Natale. Nascita. Ri-nascita. Di Gesù di Nazareth e di ogni essere umano. Si può fare grande festa e molta poesia. Si può anche fare, e si fa, molto commercio nel nome di una nascita. Perché la vita festeggia la vita sempre. Nei presepi, tornati al centro dell’interesse e della considerazione come non accadeva da tempo, si festeggia la vita. I personaggi che ruotano intorno alla grotta, dai pastori alla lavandaia, al panettiere o al mugnaio, agli artigiani, fino ai magi, sono tutto un muoversi con l’unico scopo di rendere omaggio e gloria al neonato. Alla vita nuda e cruda, senza i fronzoli dell’agiatezza, della sicurezza o delle garanzie sociali. La vita e basta.
Nonostante le povertà, le separazioni, le tensioni sociali, le violenze, le guerre, i lutti e gli odi in cui siamo impastati, la vita e la gioia della vita alla fine si impongono.
Dentro contraddizioni e incoerenze che viviamo e che siamo, come un pendolo la scelta quotidiana oscilla e continuerà ad oscillare tra due estremi senza alternativa: accogliere la vita o chiuderle la porta in faccia. Che sia il bimbo o l’immigrato che vive in strada, il collega di lavoro o il compagno/a di vita, l’anziano abbandonato o il carcerato, il disoccupato o il violentato, non fa gran differenza.
La cronaca quotidiana, può indurre al pessimismo, là dove cresce la fatica ad accogliere, rispettare e festeggiare la vita dell’altro da me, chiunque sia l’altro, a prescindere da come lo abbiamo incrociato sul nostro cammino.
La stessa cronaca racconta però di una rete straordinaria di gesti di solidarietà, quasi sempre silenziosi, di persone che impegnano tempo e risorse nel celebrare la vita dell’altro e la sua dignità, oltre la propria, semplicemente accogliendola così come si presenta.
È soltanto coltivando questa passione per la vita in tutte le sue componenti, quali che siano i numeri e le analisi sociologiche, che le nostre comunità piccole o grandi possono costruire il loro e nostro futuro.

(*) direttore “La Guida” (Cuneo)

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