Società

Comunichiamo e assomigliamo sempre più ai pappagalli

Troppo facile ricordare che i bambini ci guardano. Oggi ci ascoltano e ripetono. È proprio così che vogliamo che imparino a comunicare fra loro.

Gli strumenti che ognuno di noi utilizza per far sapere agli altri cosa pensa e per conoscere, al tempo stesso, il loro pensiero sono sempre più ampi. Prima ancora che la tecnologia entrasse nelle nostre vite, la comunicazione passava attraverso il passaparola e, in comunità come quella materana, entrava nel vicinato e lo invadeva di informazioni. Condividere le vicende di una famiglia, celebrandone i successi e consolandola per i lutti, era un modo per sentirsi insieme, per sviluppare la partecipazione.
Quel metodo, simbolo della partecipazione, anticipava girotondi e manifestazioni, coinvolgendo non solo i singoli ma le intere famiglie in un itinerario sociale che nulla aveva a che vedere con l’invadenza pettegola ma, al contrario, con lo spirito di solidarietà che ha caratterizzato per decenni la città di Matera.
Il destino comune e le peripezìe dettate dalla proverà accomunavano le persone che partivano tutte dalla stessa realtà senza divisioni sociali né economiche; tutto questo le rendeva unite nel perseguimento dello stesso obiettivo: la sopravvivenza dignitosa.
Oggi, al contrario, la corsa si è trasformata in una gara fra fasce sociali che comunicano spesso attraverso gli status symbol che diventano i primi strumenti di comunicazione: auto, telefoni cellulari, viaggi sono diventati così il metodo per incasellare persone e nuclei familiari. Ciò che emerge è una società poco legata alla realtà, che preferisce i social network come facebook e twitter al confronto diretto, al dialogo. È più facile, infatti, ottenere “like” ad una foto, a un selfie o a una opinione piuttosto che parlare con altre persone guardandole negli occhi.
Il forte potere attrattivo svolto dalla tv, in particolare su adulti e bambini, è ancora molto forte. In quanto ai giovani, si smarcano da questo mezzo di comunicazione per rivolgersi alle piattaforme digitali nelle quali, ancora una volta, l’immaginazione sostituisce la realtà che a quell’età diventa un ostacolo difficile da superare. Solo qualche giorno fa, mentre in piazza la folla accoglieva un big della politica, sono stata sconcertata da un bambino che insieme al padre osservava la scena e che all’improvviso ha esordito con la frase “Papà, Salvini versus Di Maio”, che solo in apparenza non aveva alcun significato né risultava contestualizzata ma, come accade ai piccoli, era la ripetizione pedissequa di qualcosa ascoltato in altre occasioni e diventato, per lui, un suono piacevole da ripetere.
Troppo facile, a questo punto, ricordare che i bambini ci guardano. Oggi ci ascoltano e ripetono. È proprio così che vogliamo che imparino a comunicare fra loro.

(*) direttrice “Logos” (Matera-Irsina)