Cinema: presentato “Una figlia” di Ivano De Matteo con Stefano Accorsi. Il regista, “nei panni dell’altro, del genitore di chi ha sbagliato”

(Foto Francesca Fago)

“Un cinema che non dà giudizi. Quando abbiamo scritto il copione ho ripensato al papà di Erika [delitto di Novi Ligure, n.d.r.], che continuava a cercare la figlia e ad andarla a trovare in carcere. Ho provato a calarmi nel ruolo del genitore in tale situazione. Trovo che sia troppo facile puntare il dito sulla famiglia, dire semplicemente che si tratta di un’educazione sbagliata”. Così Ivano De Matteo, presentando alla stampa il suo nuovo film, “Una figlia”, scritto insieme a Valentina Ferlan e liberamente ispirato al libro “Qualunque cosa accada” di Ciro Noja. Protagonisti Stefano Accorsi, Ginevra Francesconi, Michela Cescon e Thony. Prodotto da Rodeo Drive e Rai Cinema, il film è nelle sale dal 24 aprile.
La storia. Pietro è un cinquantenne rimasto vedovo con una figlia adolescente, Sofia. La nuova relazione dell’uomo con Chiara altera gli equilibri in casa. Sofia si sente esasperata, e in un momento di tensione accoltella la donna. Inizia così una discesa negli inferi del dolore e della colpa, l’ingresso nel carcere minorile. Fuori, Pietro non si dà pace. A vestire i panni di Pietro è Stefano Accorsi, che ha raccontato: “Anzitutto un copione ben scritto. Poi è seguito l’incontro con Ivano che mi ha avvolto con le sue parole, aiutandomi a cogliere la prospettiva dell’‘altro’. E credo che questa sia proprio l’intenzione del film: aiutare a mettersi nei panni dell’altro. Qui il dolore viene raccontato con sfaccettature complesse. E non si tratta di un film a tesi”. “Un progetto – sottolinea la sceneggiatrice Ferlan – che ha preso forma dopo la presentazione del film ‘Mia’ (2023). L’idea è quella di raccontare questa volta il genitore di chi ha offeso, di chi ha sbagliato. Non si può smettere di colpo di stare accanto al proprio figlio, anche se ha commesso qualcosa di terribile”.
Ancora il regista De Matteo: “Ho raccontato un iter nella fase di arresto, descrivendo le tre perquisizioni. Un protocollo che dà una dimensione realistica: fa capire che non si entra nel ‘mondo dei balocchi’. Se penso a mio figlio, desidero che sappia una brutta verità piuttosto che una bugia. Se vede qualcosa in Tv voglio che lo prepari a capire cosa potrebbe accadere compiendo un reato”. Raccontando l’esperienza nel carcere di Casal del Marmo, ha aggiunto: “Ho visitato più volte la struttura. Tante scene sono state suggerite o modificate proprio dalle visite nella struttura. Spero che si possa fare sempre di più per i ragazzi, che ci sia una possibilità di riscatto”.
Interrogato sulle affinità con la serie “Adolescence” di Netflix, il regista ha commentato: “Non mi sento ancora pronto per dirigere una serie, nonostante mi sia stato chiesto più volte. Troppo lunghe per me. Mi sento un centometrista, girando in cinque settimane”.

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