“Quando si vive nei conflitti si diventa dei grandi guerrieri e lo siamo diventati noi e i palestinesi. Riuscire a raccontare o ri-raccontare una storia, significa non essere intrappolati negli stereotipi, nell’odio soprattutto”. Parola di David Grossman, iconico scrittore israeliano, autore di best sellers planetari come “Vedi alla voce: amore” o il più recente “Tu sia per me come il coltello”, che ha aperto il Festival milanese di Spiritualità “Soul” in un’aula magna dell’Università Cattolica gremita di molte centinaia di persone. Tutte riunite per ascoltare il dialogo-intervista dello scrittore con Alessandro Zaccuri, responsabile della comunicazione dell’ateneo. A tema la fiducia, tema portante dell’intera cinque-giorni della kermesse e dei suoi oltre 60 eventi di diverso tenore, promossa dalla Cattolica e dall’arcidiocesi di Milano, con il titolo complessivo “Fiducia. La trama del noi”. Una questione aperta, come l’ha definita la rettrice dell’Ateneo Elena Beccalli che ha fatto gli onori di casa. “Anche se è più facile continuare a odiare, perché è una cosa che si conosce, sfiliamoci, cerchiamo di superare questa prova, di cambiare, e la realtà ci parrà diversa”, ha continuato lo scrittore, noto per le sue posizioni pacifiste e critiche del governo israeliano, specie dopo la morte al fronte nel 2006 del figlio Uri. “Certo, tutto questo presuppone il prezzo incredibile di uscire dalle nostre ristrettezze mentali, di non essere più sospettosi e monodimensionali nel pensiero, vedendo solo l’odio. In questo modo si riesce a vedere la realtà con occhi diversi: non da condannati a guardare in un unico senso. Siamo stati tutti vittime di guerre, sono state uccise moltissime persone, esseri umani, bimbi e adulti israeliani e palestinesi, ma io vorrei che questo non fosse il nostro destino, che potessimo cambiare. È più facile continuare a odiare, perché è una cosa che si conosce, ma sfiliamoci, cerchiamo di superare questa prova, di cambiare e la realtà ci parrà diversa. Quando eravamo sul punto di raggiungere la pace tra Israele e la Palestina, parecchi anni fa, ho pensato questa immagine: c’è una persona che deve saltare tra due alberi e c’è un momento, quando decidi di saltare, che sei in aria, non c’è terreno sotto i piedi e se non si ha il coraggio di fare il salto, di essere sospesi nell’aria, vuol dire che abbiamo sbagliato lavoro, modo di essere e modo di fare. Se invece ce lo permettiamo, probabilmente riusciamo a ottenere una vera pace e a perseguire la possibilità che questa terribile guerra, che ci colpisce da più di 100 anni a questa parte, possa terminare”.
E non è mancato anche un pensiero per gli ostaggi nelle mani di Hamas, oggi ancora “59 persone, per la maggior parte civili, rapiti mentre dormivano un sabato mattina e che da più di 500 giorni stanno in catene, senza poter vedere la luce del sole. Da quel giorno è come se portassi al polso due orologi, quello della quotidianità e quello di quando gli ostaggi saranno rilasciati. Pensateci almeno una volta al giorno, perché questo va a plauso dell’essere umano”.
Qui programma e tutte le informazioni su Soul.