Festa di San Giuseppe: mons. Lorefice (Palermo), “la mafia continua a essere ‘azienda’ che offre ‘lavoro’”

“Non possiamo nascondere che la qualità del lavoro non è migliorata, ed è sotto i nostri occhi che deflagrano a macchia d’olio crisi occupazionali senza precedenti, anche perché, in nome del profitto degli investitori finanziari, si preferisce delocalizzare in aree del mondo a basso costo di manodopera e a bassa frequenza sindacale”. Lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nell’omelia della messa che ha celebrato stamani nella chiesa di San Giuseppe dei Teatini, nella Solennità di San Giuseppe che quest’anno coincide con il particolare Giubileo del mondo del lavoro. “Tante famiglie piangono. Per molti lavoratori e lavoratrici si prospetta un futuro nero a causa di modelli economici che calpestano le persone senza porsi problemi. Il gioco finanziario continua a mietere vittime e a lasciare sul lastrico persone e territori. Anche per questo a Palermo, in Sicilia, la mafia – malefica struttura di peccato e di oppressione – continua ad essere ‘azienda’ che offre ‘lavoro’!”, la denuncia del presule.
L’arcivescovo ha inoltre evidenziato che “c’è una sorta di ‘usa e getta’ nei confronti dei lavoratori che rende evidente un progetto di economia ‘incivile’ e disumana”. Quindi, l’attenzione sul tema della sicurezza sul lavoro: “Siamo ancora qui a contare le vittime, anche a motivo di codici degli appalti aggirati o sempre più deboli e di subappalti ‘sospetti’”. “Inoltre, il crollo demografico e la fuga all’estero non fanno ben sperare per il domani. Il Sud resta la principale terra di partenza. La nostra Isola in particolare. Ma è anche vero che dalle feritoie delle macerie spiccano raggi di speranza. Ci sono, dunque, i segni di un cambio culturale che dice no a un’economia che muove denaro h24 e che non conosce soste e ferie. Tanti giovani pronti a lavorare ma che osano dire che il lavoro non può diventare totalizzante e che vedono l’urgenza di alternare festività e ferialità. Nasce il bisogno di far entrare dalla porta quello che si è gettato insipientemente dalla finestra”.

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