“Charles Péguy descrive i padri come autentici avventurieri. Nei confronti di loro gli altri non sono nulla, non rischiano nulla. Dice l’autore di Véronique che per essere padri di famiglia occorre essere prodi, audaci, temerari”. Lo scrive mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, in una lettera intitolata “Ci vuole coraggio ad essere padri”, in occasione della festa di San Giuseppe, che ricorre domani.
“La responsabilità, il prendersi cura, l’essere adulto anche quando è di moda restare adolescenti – certo tutto questo dentro la relazione costitutiva e riverente che lo fa essere padre, e cioè nella relazione con sua moglie, con colei che lo ha reso padre – assume l’ardire dell’arrampicata, dell’autentica avventura”, sottolinea il presule.
“Grazie a tutti i papà che cercano di combinare il lavoro e la famiglia, l’amore per la loro donna e l’affetto paterno per i figli, i doveri verso il mondo e il rispetto e l’onore per la loro coscienza. Non è sempre facile. Talvolta si può essere in difetto, con inquietudini e rimorsi. E il mondo sembra non perdonare, e sempre e solo pronto a giudicare”, evidenzia il vescovo e aggiunge: “Grazie a tutti gli uomini che accettano la chiamata divina, assumendo anche la sfida della fatica, lo sguardo che cela il giudizio e il biasimo insolente: ‘Hai voluto la bicicletta, pedala!'”.
Ancora, “grazie a tutti i padri che dandoci la vita si pongono un passo dietro alle madri, ma le sorreggono, e ci sono, desiderano esserci, nonostante l’incessante lotta di resistenza su tutti i fronti. Quello dell’orgoglio del pensare a se stessi, dell’imporsi con la prepotenza che continuamente insidia i rapporti. Quello del riuscire nelle responsabilità del mondo senza lasciarsi ingabbiare nella pretesa di vincere sempre. Grazie a tutti i padri che sono audaci e che, pur mettendo in conto le umiliazioni, sanno cogliere l’ebrezza dell’essere padri, del dare la loro vita ad altre vite. Che è un mistero divino. L’assumersi l’onore e l’onere di una vocazione divina”.
Mons. Trevisi, ricordando che “siamo tutti figli”, conclude con un invito: “Nella giornata del papà diamoci tempo per onorare nostro padre, vivo o defunto che sia. Guardiamolo con ammirazione, anche se ne conosciamo qualche difetto. E con compiacenza scusiamolo. E culturalmente lavoriamo perché cresca il desiderio dei giovani di mettersi nella grande avventura del desiderare di essere padri. Del voler essere padri. E si ritroveranno un po’ più vicini a Dio, che ci è Padre”.