Siamo da sempre “bombardati” da radiazioni: da quelle solari a quelle terrestri (in maggiore misura da radon), fino a quelle immagazzinate da alcuni cibi (come le banane per l’elevato contenuto di potassio, un isotopo radioattivo) o a quelle provenienti da fonti mediche, la cui esposizione negli ultimi 30 anni è più che raddoppiata. Nel 1980 le radiazioni cui era sottoposto un qualsiasi cittadino erano per l’80% di tipo naturale – cioè provenienti dall’ambiente – e solo il 15% di tipo medico. Oggi le radiazioni utilizzate in ambito clinico toccano circa il 50% del totale, soprattutto per l’aumento degli esami medici che ne richiedono l’uso. La principale fonte, infatti, è la tomografia computerizzata con il 77% della dose collettiva totale, spesso usata al posto della radiografia perché più precisa. Ma una Tac equivale in media a circa 250 lastre al torace. Questo problema riguarda non solo cittadini e pazienti, ma anche e soprattutto i medici che si occupano degli esami. Queste radiazioni però devono e possono essere in gran parte (70%) evitate con la radioprotezione. Per fare educazione sul tema l’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Milano (OmceoMi) ha organizzato una seconda edizione del corso di formazione a distanza “Tutto quello che avreste voluto sapere della radioprotezione”, diretto da Daniela Origgi (vicedirettore del servizio fisica medica allo Ieo di Milano) e Claudio Granata (direttore della radiologia pediatrica dell’Irccs Burlo Garofalo di Trieste). Il tutto coordinato da Sandro Siervo dell’OmceoMi e consigliere della Commissione albo odontoiatri di Milano.
“Le procedure mediche che impiegano radiazioni ionizzanti per acquisire immagini del nostro corpo e per svolgere esami diagnostici (raggi X, TC, Medicina nucleare e altre) o per effettuare terapie (radioterapia e medicina nucleare), sono diverse” ma “vanno impiegate con grande cura e precisione – spiega Roberto Carlo Rossi, presidente OmceoMi –. Per questo è importantissimo conoscere i metodi per ridurre al massimo il rischio di esposizione a queste radiazioni e fornire una corretta informazione alla popolazione e ai medici”.