“Un’ondata di violenza senza precedenti messa in atto dall’esercito israeliano e dai coloni in Cisgiordania, sta causando il più grande sfollamento forzato dall’inizio dell’occupazione del 1967. Come già accaduto a Gaza, anche qui le persone sono costrette ad andarsene, sono più di 40mila, dall’inizio del cessate il fuoco, il numero più alto degli ultimi 58 anni”. È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, in seguito all’offensiva militare israeliana, che ha causato grande distruzione soprattutto nel nord della Cisgiordania. Un’operazione – viene sottolineato – iniziata appena due giorni dopo il cessate il fuoco a Gaza con l’attacco a Jenin e che ora si sta estendendo anche ai campi profughi di Tulkarem, Nur Shams e El Far’a.
“In tutta la regione le comunità palestinesi sono vittime di detenzioni arbitrarie, non possono muoversi, lavorare o andare a scuola. Assistono impotenti alla demolizione delle loro case e delle infrastrutture essenziali da cui dipendono”, ha affermato Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia, evidenziando che “siamo di fronte a un’escalation senza precedenti che il Governo israeliano sta portando avanti nella più totale impunità, sostenendo gli attacchi illegali dei coloni. Un’annessione de facto, che rende sempre più difficile per Oxfam e le altre organizzazioni umanitarie soccorrere gli sfollati, i cui bisogni aumentano di giorno in giorno. I nostri operatori e partner sono stati minacciati ai posti di blocco e gli è stato più volte impedito di consegnare aiuti fondamentali per la popolazione”.
Dall’inizio dell’operazione israeliana, lo scorso 21 gennaio, sono stati uccisi 51 palestinesi, tra cui sette bambini, e tre soldati israeliani, ricorda l’Ong. Nel campo profughi di Jenin, lo stesso giorno un attacco militare israeliano ha ucciso almeno 12 palestinesi e ha costretto oltre 20.000 persone a fuggire. Un giovane beneficiario di Oxfam ha raccontato che i militari hanno iniziato a sparare sulle persone, bruciato le case e distrutto le infrastrutture indispensabili inclusi gli ospedali, mentre le ambulanze sono rimaste bloccate per ore. Nel campo, che ora è praticamente deserto, le forze israeliane hanno allargato le strade e installato cartelli stradali in ebraico all’interno delle aree sgomberate. “La situazione è gravissima”, ha precisato Suhair Farraj, direttore di Women Media and Development, organizzazione partner di Oxfam. “In passato – ha aggiunto – si verificavano incursioni occasionali dell’esercito israeliano, ma mai niente di simile. Le chiusure e i posti di blocco rendono quasi impossibile la consegna degli aiuti. Per un viaggio di due ore, adesso ce ne vogliono dodici”. “Dal cessate il fuoco a Gaza, Israele – ha osservato Abbas Milhem, direttore esecutivo di Palestinian Farmers Union, partner di Oxfam – ha impedito agli agricoltori di accedere ai loro terreni in tutta la Cisgiordania. Solo questo mese, l’esercito israeliano ha ordinato l’esproprio di 1.000 acri (40 ettari, circa) per facilitare l’annessione e l’espansione degli insediamenti. Anche i coloni hanno intensificato i loro attacchi: si sono moltiplicate le aggressioni fisiche e a mano armata, i danneggiamenti, lo sradicamento e l’abbattimento di alberi. Un’escalation di violenza che sta costringendo un gran numero di persone ad abbandonare le aree agricole”.
“Israele – ha concluso Pezzati – sta attuando una strategia di annessione ben programmata. Vengono commesse violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale sotto gli occhi del mondo, che resta in silenzio, rendendosi complice. Stiamo assistendo a quanto già accaduto a Gaza, Rafah e Deir Al-Balah. Per questo lanciamo un appello urgente alla comunità internazionale perché l’occupazione illegale e i crimini commessi da Israele non restino ancora impuniti, alle organizzazioni umanitarie sia permesso portare aiuti e sia garantito il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese”.