
Restituire il sorriso, ma anche la possibilità di mangiare e di parlare bene, in poche ore, grazie a speciali tecniche che utilizzano innovative griglie di ancoraggio in titanio e speciali impianti. In questo modo, chirurghi maxillo-facciali e odontoiatri riescono a riabilitare il sorriso anche nei casi ritenuti un tempo impossibili da trattare per carenza di supporto osseo (pazienti con gravi traumi facciali, tumori, infezioni o gravi atrofie senili). Al Policlinico Gemelli, il 22 febbraio un convegno fa dialogare tra loro le aziende produttrici delle nuove tecnologie e dei nuovi impianti con i professionisti di settore, per creare sinergie sul campo e co-progettare le soluzioni del futuro.
“Finora – spiega Giulio Gasparini, associato di Chirurgia maxillo-facciale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e responsabile della Uos di Chirurgia periprotesica (afferente alla Uoc di Chirurgia maxillo-facciale, diretta da Alessandro Moro) – il problema della mancanza di sostegno osseo per gli impianti, si risolveva solo facendo dei complessi e delicati innesti ossei, prelevati dallo stesso paziente. Si tratta tuttavia di interventi abbastanza importanti e con un esito non sempre sicuro, che quindi possono non garantire il ripristino di un buon punto di ancoraggio osseo. Gli impianti infatti devono essere alloggiati in una struttura ossea tridimensionale solida, perché sono come una vite che noi andiamo ad avvitare all’interno di un punto di ancoraggio resistente”.
“Per i casi difficili – prosegue il professor Gasparini – oggi abbiamo a disposizione tecniche implantologiche alternative, che consentono di evitare gli innesti ossei. Una consiste nell’ancorarli sui pilastri di resistenza del mascellare superiore (bozza canina, il pomello zigomatico, apofisi pterigodee, pareti laterali del naso), utilizzando impianti molto più lunghi (2-3 cm) di quelli tradizionali e dalla forma particolare (angolati), per poter raggiungere i punti di ancoraggio sui ‘pilastri’ di resistenza. L’intervento è del tutto indolore perché viene fatto con speciali tecniche di anestesia e la persona trattata esce dall’ambulatorio con il ‘sorriso’, cioè con una protesi provvisoria (che può durare anche molti mesi prima del confezionamento di quella definitiva)”.
Parlare, sorridere, masticare sono le funzioni che ci consentono di svolgere i nostri denti, fondamentali dunque non solo nella masticazione, ma anche nella socializzazione e degli scambi verbali (fonazione). “È vero – ammette Massimo Cordaro, ordinario di Malattie odontostomatologie e direttore del Dipartimento Testa collo, organi di senso dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore dell’Uoc Clinica odontoiatrica di Fondazione Policlinico Gemelli Irccs – queste cure possono essere impegnative. Ma non si deve mai sacrificare all’estetica, il ripristino degli aspetti funzionali. Se ci viene asportato un molare, non ha senso rinunciare a sostituirlo ‘perché tanto non si vede’; questo comporterà comunque degli squilibri (ad esempio una cattiva masticazione che può avere ricadute anche sulla digestione). E andare fare il restauro a distanza di anni diventa molto più complicato, e richiederà terapie complesse, dai tempi lunghi. Se vogliamo invecchiare in salute, dobbiamo fare sempre una buona prevenzione dell’invecchiamento dell’apparato masticatorio. Nei casi più complessi, la ‘riabilitazione del sorriso’ viene fatta a quattro mani dall’odontoiatra e dal chirurgo maxillo-facciale. I tempi possono essere lunghi perché ci sono dei fenomeni di guarigione, di ‘maturazione’ dei tessuti che sono decisi dalla natura e che vanno rispettati”.