L’avanzata delle milizie armate filo-ruandesi nell’est del Congo, penetrate da Goma a Bukavu il 14 febbraio scorso, crea incertezza e angoscia nella popolazione locale. I ribelli del Movimento armato M23 non hanno ancora ufficializzato la loro presenza a Bukavu, sebbene alcuni civili, accusati di collaborare con i militari e con il governo, siano stati uccisi nella zona. Le Nazioni Unite confermano che tra di essi ci sarebbero anche dei bambini. “Siamo prigionieri nel nostro stesso Paese”, racconta al telefono da Bukavu un testimone oculare che descrive il clima surreale di una città “congelata” e sotto assedio. “C’è molta paura, incertezza e confusione” in tutto il Sud Kivu.
“Tutto è fermo, tutto è sospeso – racconta alla redazione di Popoli e Missione il testimone, per forza di cose anonimo –: le scuole sono chiuse, anche i negozi, le banche, le attività. Siamo qui, in attesa, e proviamo molta angoscia”. “Nella mattinata di sabato a Kadutu – spiega il testimone – uno dei quartieri più popolari della città, la gente affamata ha iniziato a saccheggiare i negozi”. La proxy war (una guerra “per procura” che vede coinvolto il Ruanda nella conquista dell’est del Congo ricco di minerali), rischia di allargarsi e di diventare un conflitto regionale che coinvolge anche il Burundi.
“Noi siamo molto preoccupati per i nostri amici e per la sorte di chi ha deciso di restare a Bukavu”, spiega da Imola Lia Guglielmi, volontaria del gruppo Missioni Imola-Bukavu dell’Oratorio di San Giacomo. L’associazione lavora da oltre 20 anni al fianco della Repubblica Democratica del Congo: “Sono nostri fratelli – dice Lia –, condividiamo con loro la fede cristiana, la preghiera e diversi progetti”. “Quello che facciamo da decenni è ricostruire il tessuto sociale distrutto dalle violenze, offrendo aiuti e possibilità di sviluppo che accrescono la dignità delle comunità”, dice.
Ad esempio è stata avviata un’attività di microcredito con l’Imf Kitumaini, un istituto di microcredito in Congo, grazie alla partnership tra l’Oratorio imolese di San Giacomo e la comunità Les amis de Don Beppe di Bukavu. L’obiettivo in questo caso è consentire alle donne vittime di violenza sessuale, allontanate dalle famiglie e dai mariti, di avviare delle piccole attività economiche in proprio che restituiscano loro dignità e vita. Ma i progetti sono tanti e spaziano dalla scuola primaria di Kavumu, nelle campagne a 30 km da Bukavu (la cui costruzione è iniziata nel 2016 e da sei anni permette a 300 bambini di studiare), all’aiuto concreto fornito agli agricoltori locali, con invio di attrezzature provenienti dalle aziende agricole del territorio di Imola.
“Tutti i nostri progetti sono realizzati direttamente dai congolesi; noi ci rechiamo a Bukavu periodicamente e seguiamo le attività senza imporci”. Lia spiega che a preoccupare di più i volontari dell’Associazione Imola-Bukavu non è tanto il “fatto che i ribelli possano distruggere le strutture o chiudere le scuole, perché tutto si può ricostruire… La nostra paura è che possano far del male alle persone. Sono i nostri amici, i nostri fratelli di Bukavu e in questo momento sono in pericolo”. Qui il servizio di Popoli e Missione.