Nel 2024 solo il 7,8% delle quote di ingressi stabilite dal governo si è trasformato in permessi di soggiorno e impieghi stabili e regolari: sono state infatti 9.331 le domande per l’ingresso di lavoratrici e lavoratori finalizzate presso le prefetture italiane su un totale di 119.890 quote assegnate nel corso dell’anno. Nel 2023 la percentuale è del 13% (16.188 pratiche concluse a fronte di 127.707 quote assegnate). Riguardo al rilascio materiale del permesso di soggiorno da parte delle questure, rispetto ai flussi 2023, a un anno dai click day, i permessi effettivamente concessi sono stati 9.528, con un tasso di successo della procedura rispetto alle quote che si abbassa al 7,5%.
È quanto rivela l’ultimo monitoraggio della campagna Ero Straniero – promossa da A Buon Diritto, ActionAid, Asgi, Federazione Chiese evangeliche italiane, Oxfam, Arci, Cnca, Cild – contenuto nel dossier intitolato “Lunghe attese e irregolarità: neanche “ritoccato”, il decreto flussi funziona”, che ha analizzato i dati relativi agli ingressi per lavoro a partire dai click day di dicembre 2023 e marzo 2024, ottenuti grazie gli accessi civici ai ministeri coinvolti dal procedimento (ministero dell’interno, ministero degli affari esteri e della cooperazione e ministero del lavoro e politiche sociali), nonché al cosiddetto “Tavolo tecnico” istituito presso la Presidenza del Consiglio, che si è scoperto essere un gruppo di lavoro informale, mai stato istituito formalmente, come precisato nella risposta alla campagna. Il report conferma come, nonostante le numerose modifiche normative, “solo una parte di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo lavoro e documenti – denunciano le associazioni aderenti alla campagna –. Il resto delle persone è destinato a scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di estrema ricattabilità e precarietà. Il sistema, seppur ritoccato, non funziona e non solo per il mancato soddisfacimento delle esigenze del mondo produttivo, ma anche rispetto alla possibilità di garantire canali di ingresso accessibili e praticabili, con tutte le tutele previste alle persone straniere che intendono venire a lavorare in Italia”.