San Francesco di Sales: card. Zuppi, “cerchiamo una comunicazione che sappia risanare le ferite della nostra umanità. Oggi ci sono dossieraggi per vendere paure e illusioni”

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

“Cerchiamo una comunicazione che sappia risanare le ferite della nostra umanità, nel piccolo e nel grande. La comunicazione oggi può generare disperazione, fanatismo e addirittura odio e questo ci deve preoccupare”: lo ha detto l’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, concludendo ieri sera, a Bologna, la XX edizione dell’incontro regionale dei giornalisti su “La deontologia nell’informazione e giornalisti con un linguaggio di speranza” per la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Nel corso dell’evento è stato anche presentato il Messaggio di Papa Francesco “Condividete con mitezza la speranza che sta nei vostri cuori” per la 59ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. “Vedendo in tv certe immagini di 80 anni fa e più – ha aggiunto il cardinale – mi domandavo: qual è il terreno di coltura dell’intolleranza, del pregiudizio, della violenza se non questo odio?”. Il tema della speranza, come affermato anche da Papa Francesco, “è una lotta: se non c’è la speranza c’è la disperazione. Tendenzialmente l’istinto e la rabbia, se non vengono dominati, fanno sempre male”, ha spiegato Zuppi, portando come esempio la vicenda di Caino e Abele. Speranza, per l’arcivescovo di Bologna, “oggi è consegnare qualcosa a chi viene dopo di noi, qualcosa di acceso e non di spento. Il Papa nel suo Messaggio esorta i comunicatori a non permettere che reazioni istintive guidino la comunicazione. Questo per noi deve essere un impegno per fronteggiare una comunicazione che, a volte, non solo permette reazioni istintive ma le accarezza, le genera, e a mio parere anche colpevolmente”. In questo tempo “grigio e buio, complicato e pieno di paure”, ha sottolineato Zuppi, i comunicatori cristiani sono quelli che “riverberano la bellezza dell’amore di Dio e che non vendono illusioni o paure che è un peccato ‘molto violento’, contrario alla deontologia professionale. Oggi ci sono dossieraggi per vendere paure e illusioni. Dobbiamo fare esattamente il contrario: dare ragioni per sperare”. In questo sforzo, ad aiutare i comunicatori cristiani è “il legame con il territorio. Tanti di noi hanno radici nel territorio e hanno il grande vantaggio di unire il locale e l’universale, il campanile con il mondo. Io credo che sia un grande servizio alla città dell’uomo, alla comunità, all’Europa”. Il cardinale ha esortato i comunicatori cristiani a “difendere l’Europa perché guardi al futuro e non sia un condominio che drammaticamente dilapida il patrimonio straordinario che le è stato affidato, quello della convivenza. I nazionalismi sono il contrario dell’Europa. Nel nostro universo il tema dell’Europa deve esserci molto caro, dobbiamo renderlo familiare. Mostrare la bellezza dell’Europa capace di superare le idolatrie che hanno causato la sofferenza e la morte di milioni di persone. Questo per evitare conflitti futuri”. Infine un appello ai giornalisti: “La Chiesa, attraverso gli strumenti di comunicazione, si pone in ascolto e in dialogo con la città degli uomini. Qualche volta – ha ammesso – ci parliamo addosso e comunichiamo in ecclesialese. Dobbiamo darci una bella svegliata”. “Non vi preoccupate – ha detto rivolto ai giornalisti presenti – di darci una svegliata e di fare delle traduzioni. Voi parlate il doppio linguaggio, l’ecclesialese e il linguaggio della comunicazione che non può certo essere l’ecclesialese, che rischia di essere come l’esperanto, un linguaggio per persone intelligentissime, per iniziati, ma che nessuno comprende”. Da qui l’invito del presidente della Cei ai comunicatori: “Aiutateci a semplificare, senza banalizzare, alcune nostre inutili complessità, stereotipi, vecchi meccanismi istintivi per i quali continuiamo ad usare certe immagini e un certo linguaggio. Il mondo è cambiato e anche la Chiesa è cambiata e vi chiedo di aiutarci anche a comunicare e a far comprendere la complessità della Chiesa”.

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