“Non c’è vera pace se non viene garantita anche la libertà religiosa, che implica il rispetto della coscienza dei singoli e la possibilità di manifestare pubblicamente la propria fede e l’appartenenza ad una comunità”. Lo ribadisce il Papa nel discorso al Corpo diplomatico, letto per la quasi totalità da mons. Ciampanelli, in cui definisce molto preoccupanti “le crescenti espressioni di antisemitismo, che condanno fortemente e che interessano un sempre maggior numero di comunità ebraiche nel mondo”. “Non posso tacere le numerose persecuzioni contro varie comunità cristiane spesso perpetrate da gruppi terroristici, specialmente in Africa e in Asia, e neppure le forme più ‘delicate’ di limitazione della libertà religiosa che si riscontrano talvolta anche in Europa, dove crescono norme legali e prassi amministrative che limitano o annullano di fatto i diritti che formalmente le Costituzioni riconoscono ai singoli credenti e ai gruppi religiosi”, prosegue Francesco, secondo il quale “i cristiani possono e vogliono contribuire attivamente all’edificazione delle società in cui vivono. Anche laddove non sono maggioranza nella società, essi sono cittadini a pieno titolo, specialmente in quelle terre in cui abitano da tempo immemorabile”. Un appello speciale è per la Siria, “che dopo anni di guerra e devastazione, sembra stia percorrendo una via di stabilità”: “Auspico che l’integrità territoriale, l’unità del popolo siriano e le necessarie riforme costituzionali non siano compromesse da nessuno, e che la Comunità internazionale aiuti la Siria ad essere terra di convivenza pacifica dove tutti i siriani, inclusa la componente cristiana, possano sentirsi pienamente cittadini e partecipare al bene comune di quella cara nazione”. Il pensiero del Papa va anche “all’amato Libano, auspicando che il Paese, con l’aiuto determinante della componente cristiana, possa avere la necessaria stabilità istituzionale per affrontare la grave situazione economica e sociale, ricostruire il sud del Paese colpito dalla guerra e implementare pienamente la Costituzione e gli Accordi di Taif. Tutti i libanesi lavorino affinché il volto del Paese dei Cedri non sia mai sfigurato dalla divisione, ma risplenda sempre per il ‘vivere insieme’ e il Libano rimanga un Paese-messaggio di coesistenza e di pace”.