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“Il Papa chiede di trasformare i segni dei tempi, in segni di speranza. I segni dei tempi sono quella di un Mediterraneo lacerato da discordie e da conflitti. Abitare questo tempo con la cura significa trasformare ciò che altrimenti sarebbe un motivo di dolore, in un motivo di speranza che comincia da noi. Così mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, ha presentato il progetto “Prendersi cura – Una famiglia per ogni comunità” lanciato oggi a Roma dal Consiglio dei Giovani del Mediterraneo e dalla Rete Mare Nostrum, in “continuità allo spirito che ha animato gli incontri dei vescovi di Bari e Firenze” e in nome di Giorgio La Pira. “Un’iniziativa – ha aggiunto il segretario generale della Cei – che nel contesto storico che viviamo e nel contesto ecclesiale del Giubileo, è davvero un conforto, una di quelle carezze di misericordia che legittimano la speranza”. “Il Papa – ha proseguito Baturi – richiamando il tema della speranza richiama il tema della costruzione del futuro”. “Senza speranza o perché si è troppo amareggiati o perché si è troppo presuntuosi, non c’è costruzione di futuro. E’ necessario sempre guardare la speranza, ritenendo possibile che il proprio desiderio di bene possa realizzarsi”. Inoltre, “non c’è speranza di bene che non comprenda anche gli altri”. In questo senso la speranza è strettamente connessa all’amore, perché “chi ama, spera. E come l’amore è vivere per gli altri, la speranza esige una condivisione”. “Prendersi cura è una cosa straordinaria in questo momento in cui spesso lamentiamo violenza, indifferenza e incuria. Prendersi cura significa osservare il dolore dell’altro, non far finta di non aver sentito e visto. Significa supportare e accompagnare l’altro nel suo cammino. Così facendo l’uomo che si prende cura, in fondo tocca la propria umanità e anche le proprie debolezze e da una prospettiva e un senso di bene e di felicità anche alla propria vita”.